Noi italiani siamo molto ricchi. L’Italia è un’opera d’arte a cielo aperto, diffusa in ogni territorio, dal nord al sud. Non un museo perché cosa viva, pulsante, radicata tra la gente, nella storia, in un passato che si rinnova nei gesti quotidiani e nelle tradizioni (l’Italia è il Paese con più centri storici al mondo). Basta girare la nostra penisola per scoprire la bellezza ineguagliabile delle migliaia di paesi sparpagliati tra le colline, nelle campagne, lontani dai grandi centri, ciascuno con una propria caratteristica, un dialetto, un artigianato, un’arte culinaria. Da salvare e valorizzare.

Sono andato ad Aliano, in provincia di Matera, alla Festa della Paesologia “La luna e i Calanchi”, organizzato da Franco Arminio, un straordinario testimone di quest’Italia che chiede voce e spazio per farsi sentire al di fuori dei soliti circuiti mediatici. Un’impresa valorosa che si rinnova ormai da qualche anno e che vale la pena conoscere e vivere. Aliano è un luogo impervio, costruito tra le falde della roccia con strapiombi improvvisi dove lo sguardo precipita, e che fanno impressione. Un paesaggio duro, di struggente bellezza, per certi aspetti simile a quello di Matera, luogo oggi ben più conosciuto e meta ormai del grande turismo. Ad Aliano invece turismo non ce n’è. Da posto di confino (qui è stato Carlo Levi durante il fascismo e qui è la sua tomba), con la Festa della Paesologia, Aliano si trasforma in luogo di accoglienza e di apertura grazie all’invenzione di Arminio che da anni si batte per far conoscere la realtà di un territorio, quello lucano e non solo, in genere sottovalutato se non dimenticato.

Per quattro giorni, dal 22 al 25 agosto, le piazzette e le vie tortuose che si affacciano sui calanchi, tra un fico e un prugno, in una luce potente che ha il calore della terra, si sono animate di gente venuta da tutti i posti d’Italia a formare una vera comunità (giovanissimi e meno giovani), ciascuno disposto a portare un proprio contributo. Anche il semplice ascolto fatto di attenzione e condivisione nelle scelte. Perché il programma c’è, ma può cambiare sempre. Dipende da come si sta, da chi si è, da cosa si vuole in quel momento. Arminio è maestro nel cogliere le atmosfere e capire dove e come andare avanti. Notte e giorno. Perché non c’è mai un’interruzione. Tra musiche, letture di poesia, testimonianze, incontri. Nessuna faccia nota o televisiva, piuttosto artisti locali ma non solo, bravissimi, capaci di trascinare le persone e di farle emozionare anche alle quattro del mattino, senza nessuna distanza tra chi suona o legge e chi ascolta.

La parola “emozione”. Ecco, forse è il centro di tutto. L’emozione di stare dentro un momento magico in cui c’è solo la ricerca della bellezza da far risuonare dentro come una voce ritrovata, una sorgente da custodire. Con questa consapevolezza che ha contagiato tutti i partecipanti è stato possibile darsi appuntamento tra i calanchi per veder l’alba, ascoltando chi aveva portato con sé qualche strumento e aveva voglia di farsi sentire (sotto comunque l’attenta regia di Arminio) o rimanendo in un silenzio di sospensione e di attesa.

Finché è arrivato un branco di pecore giù dalla collina, nel sole nuovo e nello stupore di tutti. La festa non poteva che finire così, lasciando il segno indelebile della bellezza ritrovata e di cui troppo spesso dimentichiamo di godere. Aliano, la Lucania, i paesi abbandonati sono di tutti noi, sono il nostro patrimonio, la nostra vita.

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