Prima lo sgombero e poi la soluzione, ancora da trovare. Il risultato è che ancora, a più di 48 ore dal blitz delle forze dell’ordine, oltre un centinaio di migranti etiopi ed eritrei sono accampati in piazza Indipendenza a Roma, a poche centinaia di metri dalla stazione Termini. La maggior parte di loro non vuole lasciare da soli un altro centinaio fra donne, anziani e bambini, ancora presenti in un edificio di undici piani in via Curtatone – adiacente alla nota piazza romana – fino a sabato mattina abitato abusivamente da quasi 500 persone. Un’emergenza che andava avanti da quattro anni e che è esplosa soltanto adesso fra le mani dell’amministrazione capitolina, che ora sta cercando di raccogliere i cocci e provare a rimettere ordine il più velocemente possibile, aiutata da una città ancora semivuota per le ferie estive. Il primo passo, fanno sapere del Campidoglio, sarà effettuare un censimento fra i migranti, “per poi trovare la soluzione migliore rispetto ai diversi profili”.

IL BLITZ E L’EMERGENZA
Il problema è scoppiato sabato mattina, quando dopo ben 4 anni di istanze e passaggi a vuoto, la questura “d’intesa con la prefettura di Roma” ha liberato una vecchia sede dell’Ispra, di proprietà del Fondo Omega Immobiliare, gestito dalla IDeA Fimit Sgr, dove dal 12 ottobre 2013 avevano trovato casa diverse centinaia di migranti provenienti soprattutto da Etiopia ed Eritrea. Un’occupazione all’epoca portata avanti grazie al supporto dei movimenti per la casa di Roma e che il 24 marzo 2016 subì anche il blitz della Guardia Costiera, con il conseguente arresto di ben 17 eritrei, sospettati di essere coinvolti nel business degli scafisti che controllano il traffico di esseri umani dalle coste libiche. “Ma fra le persone che abitavano l’edificio al momento dello sgombero – spiegano fonti del Campidoglio – non ci risulta ci fossero soggetti pericolosi, pregiudicati o persone coinvolte in traffici illeciti”. Subito dopo lo sgombero di sabato mattina, gli oltre 400 migranti si sono riversati in strada, accampandosi in piazza Indipendenza, per poi via via allontanarsi nel corso del weekend. La stragrande maggioranza di loro, infatti, aveva già ottenuto dal Governo italiano lo status di rifugiato politico e lo stabile di via Curtatone veniva utilizzato come una sorta di stazione di transito. Resta, come detto, da risolvere il problema di queste 200 persone che, al momento, non sanno dove andare. Tra gli obiettivi prioritari condivisi nella prima riunione, l’avvio di una collaborazione con i Municipi del territorio per assicurare la continuità scolastica di quei bambini già inseriti da anni degli istituti circostanti.

TAVOLO PERMANENTE E CENSIMENTO
Nonostante la Sala operativa sociale di Roma Capitale si sia messa in moto, solo nella mattinata di lunedì Roma Capitale è riuscita a convocare una riunione operativa, durante la quale si è deciso di “avviare un tavolo di confronto permanente” e di “effettuare un censimento in modo da verificare ogni singola situazione”. L’obiettivo, secondo quanto spiegano fonti del Campidoglio a ilfattoquotidiano.it, è capire quante delle persone rimaste a piazza Indipendenza hanno già ottenuto l’asilo politico e dunque possono accedere ai programmi per l’emergenza abitativa, quanti non hanno ancora ottenuto risposta (e dunque devono andare nei centri d’accoglienza del circuito Sprar) e a quanti altri, se ci sono, la richiesta d’asilo è stata rifiutata e quindi dovranno, probabilmente, lasciare il Paese. “Un’operazione che avremmo voluto fare prima – affermano da Palazzo Senatorio – ma che non siamo mai riusciti ad effettuare per la netta opposizione di chi gestiva l’occupazione”. In queste ore, l’amministrazione capitolina starebbe anche trattando con la proprietà di via Curtatone la possibilità che l’edificio torni ad ospitare queste persone, sotto il controllo degli operatori di Roma Capitale, per un periodo di tempo non superiore ai 30 giorni, anche se nella giornata di sabato la stessa proprietà aveva fatto sapere che “non esiste nessun impegno diretto di IDeA Fimit nel ricollocamento degli occupanti e dunque non corrisponde al vero che alcuni gruppi di persone saranno ospitati in strutture individuate dalla proprietà”.

LA PREOCCUPAZIONE DELL’UNHCR
Proprio nei giorni in cui Papa Francesco è tornato sull’argomento dei migranti in fuga da guerre e persecuzioni, la vicenda di via Curtatone ha addirittura attirato l’attenzione dell’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che nella giornata del 20 agosto, attraverso una nota stampa, ha espresso “profonda preoccupazione per lo sgombero senza preavviso ieri di circa 800 rifugiati (in realtà per la Questura di Roma sono 435, ndr)” sottolineando che “desta particolare preoccupazione l’assenza di soluzioni alternative per la maggioranza delle persone sgomberate”. Stessa preoccupazione espressa dalla Comunità di Sant’Egidio e da Unicef. A proposito di ciò, l’assessore capitolino ai Servizi Sociali, Laura Baldassarre – che sta seguendo ora per ora l’emergenza – nei mesi scorsi aveva annunciato per il mese di giugno l’apertura di centro di transito presso l’ex Ferrhotel, stabile dismesso in zona Tiburtina; dal Campidoglio fanno sapere che “i lavori stanno andando avanti e il centro verrà aperto al più presto, ma ci sono ancora questioni da risolvere relative alla sicurezza e per le quali non si sono potuti accelerare i tempi”.

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