Nel 2016 ha accolto oltre 15mila migranti di 82 nazionalità diverse, tra cui 3500 minori, il 50 per cento non accompagnati. Ha offerto loro un riparo per la notte, pasti caldi, abiti puliti, assistenza medica e legale. Con il solo ausilio di decine di infaticabili volontari. La chiesa di Sant’Antonio alle Gianchette, gestita dalla parrocchia e dalla Caritas di Ventimiglia, è stata il simbolo dell’accoglienza in centro. Il primo punto di riferimento per le migliaia di migranti passati per Ventimiglia nella speranza di varcare il confine con la Francia e assicurarsi un futuro in altri Paesi europei, sgombro da violenze e privazioni.

Da lunedì prossimo l’accoglienza alle Gianchette cesserà di esistere: la Prefettura ne ha disposto la chiusura. I circa 40 ospiti rimasti, in prevalenza donne e bambini, verranno trasferiti al Parco Roja gestito dalla Croce Rossa. Un provvedimento già annunciato da mesi, nei confronti del quale le organizzazioni non governative presenti sul territorio avevano più volte espresso forti perplessità. Il campo della Croce Rossa ospita già oltre 450 uomini e una cinquantina di minori non accompagnati dai 16 ai 18 anni. “La convivenza promiscua con donne sole e bambini piccoli rischia di moltiplicare gli abusi nei confronti di soggetti vulnerabili e esposti a rischi”, sottolinea Daniela Zitarosa, operatrice legale di Intersos.

“Nei mesi scorsi abbiamo registrato diverse segnalazioni di donne vittime di tratta. E anche per i minori andrebbe garantita un’accoglienza ad hoc. E’ bene che le istituzioni si facciano carico dell’accoglienza dei migranti in transito, ma per quanto ci siano state migliorie nel campo della Croce Rossa, dovrebbero venire creati spazi ben delimitati che garantiscano protezione ai più fragili – aggiunge Zitarosa – Senza contare che a oggi mancano operatori e mediatori culturali e non ci sono né ostetriche né pediatri”. Altro elemento di criticità è la distanza del campo CRI dal centro cittadino, circa 4 chilometri: “La strada è pericolosa e non illuminata – aggiunge – Ci sono già state due vittime tra i migranti che andavano a piedi al campo”.

Una settimana fa l’accordo tra Prefettura, Comune e Caritas ha dato il via libera ai primi trasferimenti “in via sperimentale”. Tra le polemiche, una decina di nuclei familiari hanno traslocato nei container del Parco Roja. Altre hanno raccolto in fretta e furia le loro poche cose e si sono accampate lungo il greto del fiume Roja, dove da mesi vivono in condizioni drammatiche almeno altri 400 migranti. Hanno preferito restare nascoste per poi tentare di ripartire. Troppo alto il rischio di venire identificate (all’accesso al campo della Croce Rossa vengono chieste generalità e impronte digitali), troppo lunga la distanza da percorrere a piedi per la stazione dei treni o i sentieri che si inerpicano per le montagne verso il confine francese.

Intanto, dopo la manifestazione di protesta di un comitato cittadino contrario alla presenza di migranti in città, sono stati sospesi i lavori per creare un centro di accoglienza riservato ai minori non accompagnati alla Marina di San Giuseppe, ai piedi del borgo antico. “La logica è allontanare i migranti dalla vista dei cittadini”, denuncia il parroco di Sant’Antonio don Rito Alvarez, da un anno in prima linea nell’accoglienza. “Alle Gianchette abbiamo accolto migliaia di persone che altrimenti sarebbero rimaste in strada. Senza prendere un centesimo dalle istituzioni – spiega – Non possiamo opporci alle scelte della prefettura, ma personalmente non nascondo il mio totale disaccordo. L’alternativa della Croce Rossa è molto promiscua e, a mio avviso, poco umana”. Una ‘Fortezza Bastiani’ di tende e container allineati sotto il sole presidiati da esercito e polizia: così appare dall’esterno il Parco Roja. Un “non luogo” che forse, nell’immaginario dei migranti, evoca altri luoghi da cui prendere le distanze.

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