Non guardo spesso la Tv né ascolto la radio, ma per curiosità ho seguito qualche notizia sulla siccità e la supposta crisi idrica romana. Ho visto e ascoltato (cosiddetti) esperti affermare che i consumi italiani sono saliti mentre sono scesi del 20% in 20 anni. Esperti affermare che piove troppo poco, dimenticando che nella Tuscia piove il doppio che nella contea di Los Angeles. Esperti affermare che, negli ultimi tempi, il Buon Dio del cielo ha gratificato l’Italia con meno risorse di una volta, quando nel nuovo millennio è statisticamente tutto il contrario. Esperti suggerire l’adozione di saggi criteri di razionamento: se applicati, vedremmo zampillare l’acqua dalle strade, per lo scoppio dei vecchi tubi dove ci sono forti variazioni altimetriche, come nella Roma dei famosi Sette colli. Tutte pratiche risparmiose che, nello stesso tempo, raschierebbero le pareti delle condotte, tanto da far scendere dai rubinetti un flusso lacrimale di colore poco rassicurante.

Tutto perché il lago di Bracciano boccheggia, il settimo d’Italia per estensione e sesto per invaso. Davvero perché i Romani hanno prelevato ben 1,37 millimetri d’acqua al giorno, 4 centimetri al mese, ogni mese dell’anno? Pochi si chiedono seriamente come mai boccheggi il lago, vista l’esiguità del prelievo romano, che in via precauzionale, è stato comunque ridotto a 0,6 millimetri al giorno, meno di 2 centimetri al mese. E il ministro competente – in Italia si chiama così perché siamo cultori dei paradossi lessicali – fa sapere che in tal modo «abbiamo scongiurato che Roma facesse una pessima figura internazionale». Evidente che non gli leggono il New York Times, né il Washington Post. E neppure il Guardian, che aveva scritto: «Le preoccupazioni per l’approvvigionamento idrico di Roma sono diventate politiche» con riferimento alla volontà, politica e mediatica, di mettere all’angolo il sindaco pro-tempore.

Fra i trovatori d’occasione c’è stato anche l’epigono del chimico caro a Fabrizio de André, che ha indicato la nuova via per fronteggiare la prevedibile scarsità idrica di origine climatica: la desalinizzazione; senza far cenno agli enormi costi energetici e ai risultati sanitari, a dir poco delicati. C’è stato chi ha condannato la politica di bassi prezzi applicata in Italia, che riduce la profittabilità degli acquedotti e perciò gli investimenti, senza riflettere che tanto bassi non sono se mezzo mondo finanziario si sta scannando da anni per metterci le mani sopra, alla faccia dei referendum popolari. Chi ha poi stigmatizzato le perdite fisiche come se l’acqua zampillasse ovunque e comunque dalle condotte degli italiani, invidiosi della Fountain of Wealth. E i soldi, soldi, soldi, che sembrava di ascoltare Betty Curtis: casomai, qualche manina buona potesse ispirare la nuova legge finanziaria

Insomma ho assistito alla perfetta applicazione di quanto scritto anni fa da un mio collega, Andrea Rinaldo: «Grande è l’incredulità dei colleghi stranieri per l’assunto tutto italiano consulenza = dipendenza che anima il dibattito tecnico. Sembra loro incredibile, in particolare, l’irrilevanza delle qualificazioni scientifiche per la credibilità delle tesi tecniche».

Andrea si riferiva alla politica, ma il concetto è valido anche per i media. Tra tutte, una trasmissione tv su La7 a tarda ora ha toccato vertici di rilievo assoluto: un archetipo dell’informazione surreale, dove il povero Luca Mercalli ha cercato invano di dire qualcosa di sensato in un contesto imbarazzante. Pioverà anche in centro Italia, dopo che le meteore hanno fatto i soliti danni al nord?

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