Non ci sono solo gli Stati Uniti ad avvertire la Corea del Nord che il tempo e la pazienza stanno terminando. Si è aperto anche un fronte dall’altra parte del mondo. L’allerta arriva dalla Cina, dopo le nuove sanzioni decise ieri dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu contro Pyongyang. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi – parlando a Manila prima di un summit sulla sicurezza regionale – ha esortato il suo omologo nordcoreano, Ri Yong Ho, a rispettare le risoluzioni dell’Onu e cessare le provocazioni, inclusi i test missilistici e nucleari. Wang ha inoltre invitato gli Usa e la Corea del Sud a “fermare le crescenti tensioni”, affermando che tutte le parti in causa dovrebbero tornare al tavolo dei negoziati.

La situazione sulla penisola coreana sta entrando in “una fase molto critica”. Wang Yi, pur ammettendo che le sanzioni sono state progettate “in modo efficiente per bloccare lo sviluppo di missili nucleari della Corea del Nord”, ha ammonito che “le sanzioni sono necessarie, ma non l’obiettivo finale”.”Lo scopo – secondo il ministro cinese – è quello di riportare la questione nucleare al tavolo dei negoziati, e cercare una soluzione definitiva per realizzare la denuclearizzazione della penisola e la stabilità a lungo termine attraverso i negoziati”.  Wang Yi ha sottolineato – secondo quanto riporta la tv di Stato Cgtn – quindi che “dopo l’approvazione della risoluzione Onu, la situazione sulla penisola entrerà in una fase molto critica” per questo “invitiamo tutte le parti a riflettere e agire con responsabilità per prevenire tensioni”.

“Il fatto che il Consiglio di Sicurezza abbia adottato questa risoluzione all’unanimità dimostra che la comunità internazionale è unita in merito alla denuclearizzazione della penisola coreana”: aveva detto ieri ‘ambasciatore cinese all’Onu, Liu Jievi, dopo il via libera del Cds alle nuove sanzioni. Per il regime di Kim Jong-un le nuove misure punitive significano un taglio di un miliardo di dollari l’anno, un terzo delle entrate complessive legate alle esportazioni. Il testo della risoluzione è frutto di un duro lavoro diplomatico svolto nelle ultime settimane al Palazzo di Vetro con i rappresentanti della Cina, il principale partner commerciale di Pyongyang. Con Pechino che, dopo mesi di braccio di ferro, per la prima volta non solo si è astenuta dal veto ma ha appoggiato il testo americano. Con tanto di ringraziamenti da parte dell’ambasciatrice Usa Nikki Haley.

I timori per gli ultimi test missilistici e nucleari sono alti. Il regime di Kim Jong-un ha mostrato con le ultime provocazioni di poter davvero colpire gli Usa, senza considerare il pericolo di un conflitto nell’area del sudest asiatico con le continue minacce di Pyonyang a Giappone e Corea del Sud. Proprio questi timori hanno spinto le grandi potenze a lavorare per una mediazione in seno all’Onu. Il testo di risoluzione non è duro come avrebbe voluto l’amministrazione Trump, che puntava anche a impedire definitivamente l’accesso della Nord Corea ai mercati valutari internazionali e alle forniture di petrolio. Ma oltre a colpire interi settori dell’export, le sanzioni proposte pongono nuovi limiti alla possibilità di Pyongyang di stipulare joint venture e alle attività della Foreign Trade Bank nordcoreana. Previsto pure il divieto di inviare nuovi lavoratori all’estero. Solo qualche giorno fa dal segretario di stato Rex Tillerson era partito il primo serio tentativo diplomatico per aprire una breccia e intavolare con Pyongyang discussioni che possano portare a veri e propri negoziati. Con gli Stati Uniti pronti a tutto per porre fine alla minaccia nucleare della Corea del Nord anche a “una guerra preventiva”, come ha ha spiegato H.R. McMaster, il consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, nell’area la situazione sta diventando incandescente.

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