In Italia nel 2017 gli sbarchi sono in calo del 2,73% rispetto allo scorso anno, come dicono i dati pubblicati dal Viminale mercoledì scorso, e per il ministro degli Interni Marco Minniti il merito è di Guardia costiera e sindaci libici che “frenano gli arrivi”. Una strada, quella di facilitare il ritorno dei migranti in territorio libico, che Minniti indica come la più efficace e che è stata tracciata dall’accordo del 2 febbraio scorso firmato da Paolo Gentiloni e da Fayez al Sarraj. Ora però arriva l’avvertimento dell’Unhcr, l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, con le parole dell’inviato speciale Vincent Cochetel: “Non ci sono campi o centri per i migranti in Libia, ma solo prigioni, alcune controllate dalle autorità, altre da milizie e trafficanti, e vi sussistono condizioni orribili“. “Chiunque venga sbarcato sulle coste libiche torna in queste carceri“, ha poi specificato l’inviato speciale per la rotta del Mediterraneo Centrale.

L’Italia quindi ha sì frenato gli sbarchi, mandando però i migranti “in carceri orribili”, riprendendo le parole di Cochetel. Gli arrivi da inizio anno al 2 agosto sono stati 95.215, contro i 97.892 dello stesso periodo del 2016. I dati del Viminale indicano inoltre che è luglio il mese in cui si registrata la frenata: nel 2016 si contarono 23.552 migranti sbarcati contro gli 11.193 dello stesso mese di quest’anno, meno della metà. Un dato che segnala una maggiore capacità di contenimento dei migranti già nelle acque libiche e che Minniti ha spiegato sottolineando appunto “il crescente lavoro della Guardia costiera libica per bloccare gli scafisti, respingendoli a terra“. Un lavoro appoggiato dall’Italia, secondo i termini dell’accordo con al Sarraj. I punti principali prevedono che le autorità italiane forniscano “supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l’immigrazione clandestina”, cioè fondamentalmente proprio alla Guardia Costiera libica, e migliorino anche le condizioni dei centri di accoglienza in territorio libico, finanziando l’acquisto di medicine e attrezzature mediche e la formazione del personale che ci lavora.

Se dal  primo punto di vista numerico la strategia sembra dunque aver funzionato, un piano diverso è quello riguardante il diritto internazionale. E proprio su quest’ultimo appunto interviene duramente l’Unhcr: “Possiamo sperare che un giorno ci saranno centri decenti e aperti, ma oggi non esistono”, ha sottolineato Cochetel. Che ha aggiunto: “Va bene che l’Italia e altri contribuiscano ad accrescere la capacità della Guardia costiera libica, ma deve essere fatto secondo gli standard dei diritti umani e nella piena coscienza di quanto avviene nelle carceri libiche”.

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