Dopo quasi tre anni dall’approvazione in Consiglio dei ministri e una lunga serie di stop and go, il disegno di legge sulla concorrenza è diventato legge: il Senato l’ha approvato in quarta lettura con la fiducia (146 i sì, 113 i contrari). Durante la navetta parlamentare molte delle novità che sulla carta avrebbero dovuto favorire i consumatori sono saltate, secondo le accuse delle associazioni, per effetto di una massiccia attività di lobbying. Altre parti sono state stralciate per evitare intoppi o talmente modificate da finire per ottenere effetti contrari rispetto all’intento di promuovere la libertà del mercato. “Non facciamo mai dietrologia, sappiamo che certe cose sono più facili a dirsi che a farsi, ma che una legge finisca addirittura per peggiorare l’esistente, francamente è troppo”, scrive in una nota Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori secondo il quale “se lo stesso presidente della commissione Industria del Senato” – Massimo Mucchetti, che non ha partecipato al voto – “si è dissociato, è evidente che c’è qualcosa che non quadra”. Mucchetti ha detto che alcune norme contenute nel ddl “ne hanno fatto uno strumento per favorire o salvaguardare alcune grandi aziende come Enel, Generali, Unipol, Walgreens Boots Alliance e Big Pharma”.

Il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda ha parlato di “importante segnale di serietà per il Paese” e ha detto che ora l’obiettivo è definire “nei tempi più brevi possibili” i decreti attuativi necessari per la piena efficacia della legge. “Nel futuro”, ha aggiunto, “occorrerà ragionare sull’opportunità di procedere con un approccio settoriale eventualmente mediante decreti legge elaborati tenendo conto delle indicazioni dell’Antitrust”. L’authority per la concorrenza dal canto suo ha sì espresso soddisfazione, ma ha anche sottolineato “i passi indietro della versione approvata rispetto al testo originario”.

Il testo finale contiene misure relative a assicurazioni, telecomunicazioni, servizi postali, rete carburanti, professioni e farmacie. Dal luglio 2019 è prevista la liberalizzazione delle tariffe di luce e gas. Questo nonostante ci sia evidenza che le bollette di chi si rivolge a un fornitore scelto sul mercato libero sono più alte. Durerà poi fino al prossimo settembre, tre mesi in più rispetto a quanto previsto dal testo approvato dalla commissione Industria lo scorso 2 agosto, il monopolio di Poste sull’invio di multe e notifiche di atti giudiziari. Tramontata l’ipotesi di introdurre nel disegno di legge la normaantiscorrerie” annunciata dal ministro Carlo Calenda.

In ambito assicurativo il ddl introduce sconti obbligatori ma del tutto discrezionali (anche se i criteri saranno stabiliti dall’Ivass) sulle polizze Rc auto a favore di chi si fa installare la scatola nera. Maglie larghe anche sul fronte dei ribassi da garantire agli automobilisti virtuosi che vivono al Sud: le compagnie dovranno praticare uno sconto “aggiuntivo e significativo” calcolato sulla base di parametri oggettivi “tra cui la frequenza dei sinistri e il relativo costo medio”. Un’altra misura che ha fatto discutere è la delega al governo per riformare il trasporto pubblico non di linea, cioè i taxi, in rivolta contro i nuovi servizi di noleggio con conducente gestiti tramite app. Il ddl prevede che il governo debba adottare entro 12 mesi un decreto legislativo di riforma organica. Tra i principi e criteri da rispettare c’è la previsione di armonizzare l’offerta di servizi “alle nuove forme di mobilità che si svolgono grazie ad applicazioni web che utilizzano piattaforme tecnologiche per l’interconnessione dei passeggeri e dei conducenti” e la richiesta di “adeguare il sistema sanzionatorio per le violazioni amministrative, individuando sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità della violazione, anche ai fini di contrasto di fenomeni di abusivismo”.

Per quanto riguarda il telemarketing, è stato soppresso il comma introdotto dall’M5S al Senato che imponeva all’operatore di call center che avvia un “contatto anche non sollecitato con l’abbonato” di richiedere “un esplicito consenso al proseguimento della conversazione”. Come evidenziato dal garante della Privacy, questa norma – pensata per ridurre le chiamate selvagge – rischiava di essere un boomerang: solo dopo aver ricevuto la chiamata ed essersi sentito elencare gli “elementi di identificazione univoca del soggetto per conto del quale il contatto avviene” e “l’indicazione dello scopo commerciale o promozionale del contatto” il malcapitato avrebbe potuto dire “grazie, non mi interessa”. Peraltro il dissenso, per come è scritta la norma, sarebbe valso solo per quella specifica chiamata per cui nulla escludeva che il giorno dopo ne potesse arrivare un’altra.

Sul fronte delle tariffe scontate per gli hotel vendute sul web, il ddl vieta il parity rate, cioè la clausola che impedisce- agli alberghi di pubblicizzare sul proprio sito prezzi inferiori a quelli esposti sui grandi portali. Esulta Federalberghi, che parla di “nuovo e più corretto equilibrio nel rapporto tra le imprese ricettive e le multinazionali dell’intermediazione”.

Le società di capitali potranno controllare le farmacie ma dovranno rispettare un tetto del 20% su base regionale. “E’ grave che, a differenza di quanto avviene per le società di professionisti, nel caso delle società proprietarie di farmacie non sia prevista la riserva della maggioranza alla componente professionale – scrive la Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani in un comunicato – e questo può determinare una minore tutela del cittadino, visto che il professionista della salute deve rispondere a una proprietà che segue solo regole di mercato. Con questo provvedimento si creano dunque le condizioni per sostituire una rete di presidi retti da professionisti con un oligopolio di società di capitali a vocazione puramente commerciale, in assenza di qualsiasi tutela per il professionista”. In compenso i medicinali di fascia C con obbligo di ricetta continuano a poter essere venduti solo in farmacia nonostante, secondo Federconsumatori Adusbef, la liberalizzazione possa far risparmiare a ogni famiglia circa 42 euro annui. “Si torna indietro, vincono le lobby e perdono i cittadini”, sostiene in una nota Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, secondo cui “il passaggio della distribuzione dei farmaci segna la sconfitta della concorrenza, ed evidenzia tutta la mancanza di coraggio e la miopia della classe dirigente, incapace di fare riforme e di dare seguito a quelle iniziate”.

“Con tristezza prendo la parola per dire che non parteciperò al voto”, ha spiegato il senatore Pd Mucchetti prima della chiama. “Temo che questa volta sia stata richiesta la fiducia non per superare l’ostruzionismo dell’opposizione, ma per evitare il voto dell’Aula su emendamenti scomodi come quelli che alcuni senatori avevano proposto su assicurazioni ed energia“. Mucchetti ha ricordato che queste modifiche erano state respinte in commissione “grazie ad assensi e astensioni delle minoranze di centrodestra che in Aula avrebbero potuto avere comportamenti diversi”.

Il voto di fiducia di mercoledì è il quarto in pochi giorni, dopo quelli su banche venete, vaccini e Mezzogiorno. Openpolis ha calcolato che il governo Gentiloni ha superato, per rapporto testi approvati/voti di fiducia, l’esecutivo di Monti.

 

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