“Io e Florinda abbiamo scelto Favara, invece di Parigi. E qui adesso stiamo facendo delle cose che forse all’estero non avremmo mai fatto. Il nostro desiderio era restare nella nostra comunità e stare bene. All’inizio ci consideravano degli ‘alieni’, c’era diffidenza, poi ci sono stati i primi riscontri. Stiamo mettendo le nostre idee e competenze a disposizione di tutti. La scommessa era dimostrare che con arte e cultura si può”. A parlare così poco più di un mese fa era Andrea Bartoli, insieme alla moglie Florinda Saieva, fondatore nel 2010 del centro culturale indipendente Farm Cultural park, il primo “parco turistico culturale” siciliano. Uno spazio nel quale “arte e cultura sono degli strumenti nobili per dare alla Città di Favara una nuova identità e una dimensione di futuro”, si legge nel sito web.

Il Farm molto più propriamente è un esempio, riuscito, di rigenerazione urbana. Sette cortili che richiamano artisti, architetti, designer e una galleria d’arte contemporanea nella quale sono ospitate mostre, installazioni permanenti e temporanee, perfomance e concept store. Un’iniziativa privata che ha portato, innegabilmente, grandi vantaggi all’intero centro dell’agrigentino. Sono 120mila i visitatori che annualmente fanno tappa alla farm e quindi a Favara. Secondo un primo studio sugli impatti economici legati alla nascita del centro culturale all’interno del centro storico, in sette anni sono stati investiti più di 20 milioni di euro. Una bella storia, quindi. Una di quelle imprese che piacciono ai politici di ogni tempo, ancora di più a quelli attuali. Persone che ce la fanno in una terra ostile. Imprese che fanno rifiorire piccoli centri in affanno. Successo, crescita di consensi. Una escalation che sembra inarrestabile. Tuttavia, non è proprio così.

“Il 10 aprile 2017… richiediamo al Comune di Favara un nulla osta per l’installazione temporanea di un piccolo padiglione, fuori terra, denominato “EQUI-LATERA”. Accompagniamo alla richiesta di nulla osta, il progetto esecutivo. Lo stesso iter si ripete il 10 maggio 2017… in occasione del convegno dell’Ordine degli Architetti, prima di installare Butterfly Home”, scrive su Facebook Andrea Bartoli il 29 luglio, cercando di chiarire i motivi che avrebbero portato all’ordinanza comunale per ripristinare dello stato dei luoghi entro 90 giorni dalla notifica. Per la sindaca del Comune, la grillina Anna Alba, si tratterebbe di due abusi edilizi. E’ inutile eccepire a suo dire.

Bartoli prova a spiegare: “Attenzione, non stiamo parlando di grattacieli, opere in cemento armato inamovibili, ma di strutture architettoniche temporanee, rimovibili in meno di una giornata lavorativa. Per inciso stiamo parlando di ‘piccole opere architettoniche’ in legno, di prestigiosissimi professionisti, ingegneri e architetti di fama nazionale ed internazionale”.

La sindaca, in una nota del 31 luglio, puntualizzando “alcuni aspetti fondamentali”, ribadisce il sostegno al Farm Cultural Park. Afferma anche che “sollevare polveroni e allarmismi che possono solo creare confusione, non serve a nessuno. Cerchiamo invece il dialogo e il confronto costruttivo nelle sedi opportune”. Proprio per questo “nel mero interesse di tutelare Farm Cultural Park, l’amministrazione comunale si attiverà a concertare, con i propri dirigenti e le parti interessate, un incontro finalizzato alla risoluzione dei problemi emersi”. Il sindaco dà l’impressione di voler ricomporre la questione, evitando che possa assumere una rilevanza nazionale e quindi diventare un problema anche per lei. Ma Bartoli sembra davvero intenzionato a non lasciare nulla d’intentato. Scrive, “è chiaro, avverso questa ordinanza, qualora non venisse rimossa in autotutela, ricorreremo contro il T.A.R., gli organi competenti di grado superiore, la Corte di Giustizia Europea”.

Esiste anche una petizione onlineNoi siamo Farm Cultural Park che in due giorni ha superato le 6mila firme. Insomma sembra proprio che l’Ordinanza firmata dal sindaco Alba abbia fatto scatenare un putiferio. Da una parte un’impresa culturale, il Farm, che anno dopo anno accresce il suo appeal; dall’altra un Comune nel quale l’abusivismo sembra essere un brand. A fine 2008 Legambiente aveva registrato complessivamente in provincia di Agrigento e a Favara in particolare, 316 abusi edilizi. Sempre secondo Legambiente a fine anni 80, “erano attive a Favara più di 3mila imprese edili, su una popolazione di circa 35mila residenti, cioè un’azienda ogni 12 abitanti”. A fine 2008 le imprese con sede nel Comune erano salite a 623 su una popolazione di 31.0098 abitanti, cioè una ogni 49. Così le imprese edili favaresi costruiscono e ristrutturano grazie ai ricchi appalti in provincia di Agrigento ma da qui si allargano in tutta italia.

Ad ottobre 2016 all’Ufficio Sanatoria erano arrivate 8.054 richieste, delle quali, 3.365 ancora da esaminare. Da allora la situazione è un po’ migliorata, ma resta il problema. “I 5 stelle sono contro l’abusivismo, su questo non c’è dubbio”, ha detto in diverse occasioni la sindaca Alba. E’ probabile che abbia volto la sua attenzione sul caso che davvero sembra meno eclatante, quello del Farm. Alzare lo sguardo mai come questa volta sembra la decisione migliore.

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