Dalla Calabria che non offre strutture adeguate per accogliere i minori non accompagnati sempre più numerosi rispetto agli anni passati, alla Capitale, dove sono sempre più giovani le ragazzine nigeriane e rumene costrette a prostituirsi. E poi ci sono le zone di frontiera, come Ventimiglia. Il numero di minorenni stranieri non accompagnati che sono giunti via mare in Italia nel 2016 è più che raddoppiato rispetto al 2015 ed è ulteriormente cresciuto nei primi mesi del 2017. Sono loro i più esposti alle diverse forme di tratta e sfruttamento nel nostro Paese. In vista della Giornata Internazionale contro la tratta di esseri umani, il dossier ‘Piccoli Schiavi Invisibili 2017’ di Save the Children approfondisce i dati sulle vittime e sui gruppi più esposti in Italia e nel mondo, ma anche quelli dei criminali che alimentano questi fenomeni, per loro natura largamente sommersi. Il rapporto rileva che sono sempre di più i minorenni o appena diciottenni che in Italia finiscono nella rete della prostituzione su strada. I minori stranieri non accompagnati sono tra i più vulnerabili, con un numero crescente di adolescenti nigeriane sempre più piccole costrette a prostituirsi, di minori bengalesi sfruttati nel lavoro in nero e migliaia di ragazzini ‘in transito’, bloccati nelle città o alle frontiere senza accesso al ricollocamento in Europa. Questi i volti delle vittime di un business criminale che nel mondo muove un giro d’affari di 32 miliardi di dollari ed è la seconda fonte di reddito per le organizzazioni criminali dopo il traffico di droga.

I DATI SUL FENOMENO – Al mondo più di una vittima di tratta su quattro è un bambino o un adolescente. I dati disponibili sui casi emersi in 106 Paesi, soprattutto in alcuni territori, indicano chiaramente una proporzione allarmante: su 63.251 casi totali, 17.710 riguardano bambini o adolescenti, 12.650 di genere femminile. I minori rappresentano il secondo gruppo più numeroso tra le vittime di tratta dopo le donne. Nei Paesi dell’Unione Europea, nel 2016 risultano almeno 15.846 vittime accertate o presunte, di cui le donne rappresentano il 76% e i minori il 15% (pari a 2.375) “mentre le forme di sfruttamento principali emerse – spiega il rapporto – sono la prostituzione forzata (67%) e lo sfruttamento lavorativo (21%) soprattutto in ambito agricolo, manifatturiero, edile, nei servizi domestici e nella ristorazione”.

SCHIAVI INVISIBILI IN ITALIA – Allarmanti anche i dati italiani. Nel 2016 il numero dei minori soli nigeriani arrivati via mare in Italia è triplicato (3.040) e si è registrata una presenza crescente di adolescenti e bambine anche di 13 o 14 anni, generalmente reclutate con l’inganno nel loro paese di origine. I minorenni bengalesi non accompagnati giunti via mare in Italia nel 2016 sono stati 1.053. Nel 2015 il numero era pari a zero, mentre nei primi 5 mesi del 2017 hanno già raggiunto quota 1.170. Nel corso del 2016 le vittime di tratta censite e inserite in programmi di protezione sono state 1.172, di cui 954 donne e 111 bambini e adolescenti, in gran parte di genere femminile (84%). “Le vittime under 18 – rileva Save the children – sono soprattutto di nazionalità nigeriana (67%) e rumena (8%) e, anche se lo sfruttamento in economie illegali come lo spaccio (10% circa), lo sfruttamento lavorativo (5,4%) e l’accattonaggio (3,6%) sono abbastanza frequenti, lo sfruttamento sessuale rappresenta quasi la maggioranza dei casi (50%), con un andamento purtroppo crescente”.

In Italia, benché il loro numero sia ben maggiore, gli adulti sospettati o incriminati per reati connessi alla tratta o allo sfruttamento sono 324, in maggioranza uomini e di origine rumena (89), nigeriana (85) e italiana (47). La Corte d’Appello di Palermo ha lanciato l’allarme per il raddoppio tra 2015 e 2016 dei casi legati a riduzione e mantenimento in schiavitù e per il numero triplicato di casi legati alla tratta, mentre a Catania i soggetti legati al reato di tratta sono passati addirittura da 1 a 48 nello stesso periodo. Tratta e sfruttamento nel nostro Paese hanno purtroppo anche finito per coinvolgere attivamente quasi 15mila minori, spesso vittime loro stesse in attività come spaccio e prostituzione. Si tratta nella metà dei casi di ragazzini tra i 16 e i 17 anni, in maggioranza italiani, originari di alcuni paesi dell’Africa, ma anche rumeni. Per quanto riguarda lo sfruttamento lavorativo dei minori, sia italiani che stranieri, le segnalazioni raccolte dagli Ispettorati del Lavoro sono cresciute da 172 a 236 tra il 2014 e il 2016. In questo contesto, le regioni con il maggior numero di segnalazioni sono state Lombardia (83), Puglia (49) ed Emilia Romagna (28), territori in cui i minori vengono sfruttati in settori come alloggio e ristorazione (93 casi), commercio (32), agricoltura (27) o manifattura (27).

I TERRITORI A RISCHIO – Se le reti della tratta e sfruttamento dei minori sono ramificate in tutto il Paese, e nel caso della filiera criminale nigeriana e rumena, o dei facilitatori e passeurs, si estendono anche a livello internazionale, ci sono alcuni territori in Italia che destano particolare preoccupazione. In Calabria cresce il numero di sbarchi: 385 quelli registrati da gennaio 2016 a giugno 2017, con 7.617 minori non accompagnati. Una situazione di emergenza “che ha messo in evidenza – rileva Save the children – la grave inadeguatezza di alcune strutture di prima accoglienza e le carenze del sistema di protezione”. A Roma, oltre allo sfruttamento lavorativo in attività illegali e a quello sessuale che continua a coinvolgere i minori non accompagnati egiziani, si registra una diminuzione progressiva dell’età, fino a 14 o 13 anni, delle minori nigeriane e rumene costrette a prostituirsi e dei minori ‘in transito’, in particolare eritrei, fuori dal sistema formale di protezione. “E i minori diretti in altri Paesi – spiega il rapporto – sono esposti al rischio continuo di violenze, sfruttamento e ricatti da parte di facilitatori, passeurs o adulti che approfittano della loro vulnerabilità anche nella zona di frontiera a Ventimiglia dove, a seconda dei periodi, stazionano in decine o centinaia per tentare, in molti casi ripetutamente, di raggiungere la Francia”.

La procedura di ricollocamento in altri Paesi europei “sarebbe l’unico strumento sicuro e legale – sottolinea Save the children – per garantire protezione”.  Una possibilità che avrebbe probabilmente potuto evitare che il tentativo di attraversare clandestinamente la frontiera potesse costare l’anno scorso la vita a Milet Tasfemarian, la 16enne eritrea travolta da un tir e uccisa sull’autostrada a Ventimiglia o ad Abiel Temesgem, il minore eritreo di 17 anni morto lo scorso novembre a Bolzano, nel tentativo di saltare su un treno merci in corsa diretto alla frontiera del Brennero per raggiungere suo fratello a Francoforte.

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