Il Dipartimento di Giustizia americano ha già “drizzato le orecchie”: lo scoppio dell’ennesimo scandalo dell’industria automobilistica tedesca, quello sulla presunta esistenza di un cartello ventennale fra i costruttori teutonici, ha già messo sull’attenti le autorità yankee. Per il momento oltreoceano non hanno mosso un dito a livello formale, ma seguono con estrema attenzione una vicenda che potrebbe tramutarsi in un nuovo maxi tsunami per la Germania delle 4 ruote, ancora in alto mare pure con la risoluzione definitiva del caso dieselgate.

L’antitrust europeo sta indagando sulla vicenda dopo l’autodenuncia partita da Daimler (sotto indagine in USA per i diesel Mercedes) e Volkswagen, che sono anche alle prese con un maxi richiamo volontario per 4 milioni di auto. Una gara a fare “mea culpa”, quella fra i due colossi tedeschi, che ha l’obiettivo di ottenere sconti di pena da parte delle autorità di Bruxelles. Ovviamente il riscontro nel vecchio continente di violazioni in tema di norme sulla concorrenza equivarrebbe a conseguenze pesanti anche al di là dell’Atlantico. Attualmente le autorità tedesche aspettano che il garante europeo per la concorrenza si pronunci in merito alla vicenda, ma intanto continuano a fare indagini su decenni di presunte pratiche collusive tra i colossi dell’auto tedesca.

Il ministro dei Trasporti Alexander Dobrindt (CSU) ha richiesto a Bruxelles ulteriori elementi di conoscenza circa le accuse di cartello piovute su VW, Porsche, Audi, Daimler e BMW: nello specifico ha scritto una lettera al commissario europeo per la concorrenza Margrethe Vestager al fine di ricevere qualsiasi tipo di documentazione da poter condividere al vertice tedesco sulle emissioni dei motori diesel del prossimo 2 agosto. Per quella data è infatti in programma l’incontro tra i rappresentanti del Governo di Berlino e quelli dei costruttori nazionali.

Una situazione che preoccupa i potenti sindacati tedeschi: sotto la pressione dei rappresentanti dei lavoratori il presidente della Volkswagen, Hans Dieter Poetsch, ha convocato un consiglio di sorveglianza straordinario. Mentre i lavoratori di Daimler si dichiarano “scandalizzati e arrabbiati” e auspicano che, se le accuse venissero confermate, i vertici aziendali subiscano le “ovvie conseguenze”. Sul piede di guerra pure i lavoratori di BMW: “Ci aspettiamo che il consiglio di gestione dia spiegazioni ai lavoratori. La fiducia nella leadership dell’azienda sta diminuendo ogni giorno”.

Notizie che hanno dato nuova linfa alle associazioni dei consumatori nostrane: Altroconsumo, che dal 2015 porta avanti una class-action ammessa dal Tribunale di Venezia per il caso dieselgate (a cui stanno formalmente aderendo 18 mila persone), è tornata a chiedere giustizia sull’onda dei nuovi scandali emersi. “L’azienda tedesca (VW, ndr.) deve risarcire gli automobilisti italiani ed europei per la vicenda #Dieselgate”, si legge sul sito ufficiale dell’associazione, “come già fatto con i cittadini USA; risarcimento dovuto alle 650mila persone in Italia e che hanno acquistato auto dalle prestazioni diverse e peggiorative da quelle dichiarate, volutamente manomesse dal Gruppo VW”.

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Der Spiegel: “c’è un cartello dei costruttori auto tedeschi”. Intanto la Germania cerca di limitare i danni

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