È bene dirlo subito. A Fq Millennium le fedi non sono mai piaciute. L’idea che in base a una convinzione politica o a un credo religioso qualcuno si dica o si ritenga migliore degli altri ci ha sempre infastidito. Anche perché alle parole preferiamo i fatti. Di chiacchieroni di successo è piena la nostra epoca. Di manichei che urlano «o con noi, o traditore» sono zeppi i social network e le tv. Rare, invece, sono le persone che, prima di voler cambiare il mondo, cambiano loro stessi e la comunità in cui vivono.
Forse per questo ci affascina il difficile tentativo di Papa Francesco. Non sappiamo quale esito avrà la sua battaglia per trasformare la Chiesa di Roma e il popolo dei fedeli in un esempio da seguire. Anni e anni di corruzione, di abusi sessuali sui minori, di spese folli destinate non agli ultimi, ma al clero (per ogni euro dell’Obolo di San Pietro solo 20 centesimi vengono impiegati in opere di carità) hanno finito per infangare e offuscare pure quello che di buono c’è (ed è molto) nelle fila dei cattolici.

Sappiamo però che poche massime dipingono la realtà meglio di una frase pronunciata da san Francesco d’Assisi, l’uomo da cui Jorge Mario Bergoglio ha scelto di prendere il nome: «Cominciate a fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile». La forza del pontefice e il timore che incute in chi si oppone al cambiamento è tutta qui: racchiusa in queste parole che il Papa argentino si ostina a voler rispettare.

Per questo nel numero di luglio abbiamo deciso di raccontare che cosa sta accadendo nella Chiesa e in Vaticano. Lo scontro in atto, anzi la vera e propria guerra scatenata contro Francesco da potenti cardinali, ex piduisti di grido e opinionisti politicamente interessati, riguarda tutti i cittadini. Anche chi non crede. Perché se davvero la Chiesa riuscirà a mutare, cambierà (probabilmente in meglio) pure la nostra società. Non solo e non tanto per la storica influenza dei cattolici sulla politica italiana. Qui in gioco c’è di più. C’è la possibilità di dimostrare che un’istituzione plurimillenaria, nota per la sua lentissima evoluzione, di fronte alla crisi sa reagire. E se questo avviene in una Chiesa disposta a sfidare forti resistenze (il nostro reportage dai confessionali lo illustra bene) perché non può accadere anche nello Stato? Riflettete solo sul significato della scomunica per corrotti e corruttori. Pensate come potrebbe diventare un’Italia in cui chi danneggia gli altri, prima di essere criticato dalla stampa (raramente) e essere giudicato dalla magistratura (quasi mai), venisse colpito da un’autentica riprovazione sociale. Pensate come sarebbe una repubblica dove ci si occupasse davvero degli ultimi e della pace e dove chi sbaglia venisse perdonato, ma solo dopo aver ammesso e riparato il proprio errore.

Certo, sappiamo bene che la Chiesa cattolica non è solo questo. Da laici non potremo mai condividere le secolari imposizioni in fatto di sesso, suicidio assistito, donne, aborto, diritto di satira, scuola e tanto altro. Eppure questa Italia, in cui il ceto politico e la morale appaiono più spesso pronti a contestare il sesto comandamento (non fornicare) piuttosto che il settimo e l’ottavo (non rubare e non dire falsa testimonianza), ci appare ingiusta e ridicola al confronto col pontificato di Francesco. Al punto che, guardando allo sforzo per cambiare la sua Chiesa, ci vengono in mente idee che non condividiamo. Pensieri del tipo: ridiamo per dieci anni a Francesco il potere temporale. Dove fin qui tutti hanno fallito, forse riuscirà lui. Così scherzando, ma non troppo, oggi gridiamo: viva il Papa, viva il Papa Re.

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