“Non puoi immaginare l’emozione che provo, ogni volta che taglio una stoffa”. Raul, il vecchio sarto del quartiere, ha il negozio in via Leone IV e un manichino nuovissimo fa la guardia all’ingresso. Del resto, da una diecina d’anni la sua bottega è sempre vuota, ma lui ogni giorno alle otto e trenta in punto apre e la tiene impeccabilmente ordinata e pulita. E’ un privilegio raro farmi assistere al taglio di un abito. Le sue mani si muovono con disinvoltura e ricordano l’abilità dei chirurghi.

“Per chi è questo vestito?” “Ah, questo è per me” “E’ proprio una passione la tua, si vede da come tocchi gli strumenti e dal tuo modo di sfiorare la stoffa come se fosse materia viva”. A questo punto Raul, il sarto, mi racconta la sua storia.

“Devi sapere che all’età di sette anni ho fatto un sogno. Mi trovavo seduto su un albero, così alto che sfiorava il cielo. Una voce veniva di lontano e diceva: ‘Se vuoi conoscere il mistero della vita devi misurare il mondo‘. Pian piano mi sono lasciato andare di ramo in ramo, fermandomi proprio di fronte a casa mia, con la stessa leggerezza con cui cadono le foglie. Poi ho tolto di tasca il metro pieghevole e ho incominciato a misurare ogni cosa, con cura, cercando di non sbagliare. Misuravo tutto. Ormai a prima vista potevo dire la lunghezza di qualsiasi cosa. Nel sogno ero felice. Ma quando mi sono svegliato, ho incontrato l’assillo delle ombre. Tutto quello che avevo misurato in sogno, nella realtà aveva un’ombra e ho scoperto che le ombre si allungano e si accorciano in relazione alla luce. Lo sconforto era grande. Poi ho capito che ogni cosa va misurata quando il sole è immobile, al centro dell’azzurro. In quel momento tutte le cose hanno una sola ombra. Da allora non ho desiderato altro che fare il sarto e per tutta la vita ho tagliato e cucito. Adesso ti posso dire il vero segreto. La mia abilità, per via del sogno fatto da bambino, è che posso confezionare qualsiasi abito, senza prendere le misure. Mi limito a guardare le persone negli occhi. Gli abiti che vedi per le strade, servono solo a nascondere i corpi”.

“E i vestiti che fai tu?” “I miei rivelano l’anima”. Una luce di disperazione appare nel suo sguardo. “Ecco perché” ho pensato “la sua bottega è sempre vuota”. “Ho vestito re e regine… Attori famosi e grandi artisti…”

Il sarto getta uno sguardo al negozio deserto e si abbandona a un pianto irrefrenabile. Lo guardo in silenzio. Poi mi chino su di lui: “Non sono né un re né un artista, ma vorrei un vestito confezionato da te, caro Raul”. Il sarto sorride e mi guarda a lungo negli occhi.

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