“Oggi abbiamo concordato in linea di principio un accordo di partenariato economico [con il Giappone], il cui impatto va ben al di là delle nostre sponde”, ha dichiarato poche ore fa il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker in una conferenza stampa congiunta con il presidente del consiglio europeo Donald Tusk e il premier nipponico Shinzo Abe, in visita a Bruxelles. Una tappa intermedia, prima del G20 di Amburgo, che sembra anticipare uno dei temi più impellenti per il forum dei paesi industrializzati: quello della globalizzazione e della lotta contro il protezionismo della Brexit e dell’America First.

“E’ un segnale molto importante che evidenzia la nostra determinazione ad affrontare la questione seriamente e a sostenere un commercio libero e giusto”, ha sentenziato Juncker, sottolineando i grandi vantaggi a cui andranno incontro gli agricoltori europei nel momento in cui il tanto atteso Japan-EU Economic Partnership Agreement (EPA) prenderà finalmente forma.

“Dopo difficili negoziazioni, l’Europa e il Giappone stanno mandando un segnale molto positivo al mondo”, gli fa eco Markus J. Beyrer, direttore generale della lobby con base a Bruxelles BusinessEurope, “chiediamo al G20 di intervenire contro il protezionismo e questo [accordo] è un esempio di come si possa fare”. Nella giornata di mercoledì, con un gesto simbolico, lo scambio delle bambole Daruma, figurine votive portafortuna dello zen giapponesi, il commissario europeo per il commercio Cecilia Malmström e il ministero degli Esteri nipponico Fumio Kishida avevano annunciato una prima “intesa politica” per la realizzazione del tanto atteso accordo di libero scambio Ue-Giappone.

In cantiere dal 2013, quando Londra era ancora tra i suoi maggiori sostenitori, l’EPA prevede la rimozione delle tariffe commerciali sul 99% dei prodotti scambiati tra Unione Europea e Sol Levante, con un occhio di riguardo per i settori dell’agroalimentare e dell’automotive. In pratica, mente Tokyo si impegnerà a ridurre le barriere sulle importazioni di cioccolato, pasta e formaggi europei  (con l’eccezione di alcuni prodotti caseari soggetti a quote), il Vecchio Continente ricambierà abolendo – gradualmente nel corso di sette anni – una tariffa sull’import di automobili “made in Japan” pari al 10%. Secondo Politico, sul versante alimentare, i negoziatori europei sono riusciti non solo a strappare il riconoscimento e la tutela di 205 denominazioni di origine tra Igp e Dop – tra cui 130 vini – ma anche il ritiro progressivo dal mercato giapponese di quelle contraffatte. Stando ai calcoli della Commissione, le esportazioni europee dei prodotti agricoli trasformati (pasta, prodotti da forno, biscotti) potrebbero registrare un aumento del 180% mentre l’export del segmento chimico vedrebbe un incremento del 20%.

Una volta ultimati i negoziati, l’intesa tra Tokyo e Bruxelles darà vita a un blocco di libero commercio paragonabile alla vagheggiata Trans-Pacific Partnership e al suo omologo a guida cinese Regional Comprehensive Economic Partnership, coprendo l’8,6% della popolazione mondiale, il 28,4% del Pil e il 3,6% degli scambi a livello global. Oltre all’alleggerimento delle tariffe, l’EPA si propone di snellire le procedure di sdoganamento, proteggere la proprietà intellettuale e facilitare lo scambio dei big data.

Ma occorreranno vari mesi perché vengano sviluppati tutti i dettagli tecnico-legali e la firma finale giungerà probabilmente non prima del prossimo anno. Rimane inoltre da sanare la questione sull’introduzione della Corte d’arbitrato per la protezione degli investimenti (con giudici selezionati dai governi anziché dalle parti coinvolte nelle dispute); un’opzione proposta dall’Unione europea – ma rigettata dal Giappone – per mettere a tacere le critiche delle Ong nei confronti dell’attuale meccanismo di risoluzione delle controversie investitore-Stato (ISDS), ritenuto troppo favorevole nei confronti delle multinazionali. Rimangono ancora oscure anche le modalità di ratifica. Nel caso in cui venissero coinvolti i singoli parlamenti nazionali e regionali, c’è il rischio concreto che anche l’intesa tra Tokyo e il blocco dei 28 faccia la fine del Comprehensive Economic and Trade Agreement (Ceta), siglato dai vertici Ue con Ottawa e quasi deragliato a seguito delle iniziali reticenze della regione belga della Vallonia.

Di China Files per IlFattoQuotidiano.it 

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