In zona Cesarini, quando già a palazzo Chigi si stava lavorando  – faticosamente e con rinvio di un giorno, mentre la scadenza della riapertura degli sportelli, lunedì mattina, si fa sempre più pressante – al decreto che deciderà il futuro di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, il governatore Luca Zaia alza la manina e se ne esce con una trovata da caldo torrido: nessuno aveva detto alla Regione che si potevano comperare due banche spendendo due euro, se fosse stata coinvolta in un progetto, anche Veneto Sviluppo, la finanziaria regionale, sarebbe stata disponibile…

L’uscita sembra avere la finalità di dimostrare che esisteva un’alternativa per tenere le due banche nel territorio veneto, proprio mentre si profila una vendita-salvataggio, sotto l’ombrello governativo, che di fatto porterà ad Intesa la parte più sana di Veneto Banca e Popolare Vicenza. In fondo, l’autodeterminazione finanziaria dei veneti è sempre stato un punto fermo per Zaia, salvo poi chiedere a Roma di salvare quello che Montebelluna e Vicenza non erano riusciti a difendere, anzi avevano dilapidato.

La presa di posizione del governatore leghista è contenuta in un comunicato diffuso proprio mentre il ministro Carlo Padoan entrava nella sede del governo per discutere con il premier Paolo Gentiloni la messa a punto del decreto. Zaia alza la voce. “Credo che abbiamo diritto a delle risposte. Cos’è successo in appena una settimana per passare da una ricapitalizzazione precauzionale da 1,2 miliardi alla vendita di due banche a un euro? Quale posizione il Governo ha tenuto in Europa? È la Ue che decide per noi o gli italiani hanno ancora qualche diritto di decidere sulla loro economia? Esiste ancora una sovranità o nelle trattative abbiamo abdicato a tutto?”. Queste le domande poste, polemicamente, nei confronti dell’ipotizzata sudditanza governativa da Bruxelles. Con un’aggiunta: “Quando il Presidente del Consiglio dice che non si fanno fallire due banche per un miliardo di euro, è altrettanto corretto sostenere che non le si svende per un euro? Il passivo delle banche e dei crediti deteriorati è definito oppure dobbiamo attenderci altre sorprese?”.

A Zaia l’epilogo di questa storia brucia. Sembra guardare non solo ai piccoli azionisti che non sanno ancora cosa accadrà ai residui dei loro capitali investiti, ma all’opinione pubblica veneta che si vede sfilare sotto il naso ciò che rimane delle due banche. Infatti, aggiunge: “I veneti in questi mesi non si sono distratti. Siamo un popolo che ha memoria lunga. Fino a poche ore fa, eravamo fermi alla richiesta del Governo di identificare imprese con mezzi sufficienti a garantire una ricapitalizzazione precauzionale pari a 1,2 miliardi di euro. Ovvio che si sia registrata l’impossibilità di trovare qualcuno che ci mettesse anche soltanto un euro. Quindi, a sorpresa, esce dal cappello una soluzione: vendere le due banche, col Governo che si accolla una marea di miliardi in una bad bank per consegnare i due istituti ripuliti a Banca Intesa”. Pur travolte dalla crisi, Zaia difende il valore delle due banche. “Intesa ha svolto ottimamente il suo mestiere, anche perché non ha certo come statuto quello di fare beneficenza in Veneto. Onore al merito al dott. Messina che si porta a casa il credito delle zone più sviluppate del Paese, nel momento della ripresa. Quattro in pagella invece al Governo”.

Ma dopo aver dato i voti, Zaia se ne esce con quella che non può che avere il sapore di una boutade a scoppio ritardato. “Se questa prospettiva fosse stata illustrata agli imprenditori in altri tempi, oso pensare che probabilmente offerte sul territorio se ne sarebbero trovate. Penso per esempio alla nostra Finanziaria regionale, Veneto Sviluppo, cui è sempre stato chiesto di trovare capitali sul mercato, ma non di acquistare due banche a un euro. Due condizioni un po’ diverse, lo si ammetterà…”. Le banche lo avrebbero ingolosito, ammesso che la strada fosse tecnicamente perseguibile.

A testa bassa contro il governo, a cui chiedeva fino a una settimana fa il salvataggio, Zaia conclude: “Lo Stato spenderà il doppio di quanto avrebbe impegnato se il soccorso fosse stato tempestivo, si sono persi mesi preziosi lasciando che i correntisti fuggissero a gambe levate, Atlante non è riuscita a ripristinare quella fiducia che sicuramente un intervento pubblico avrebbe ridato ai risparmiatori, quell’intervento che non è stato negato in altri salvataggi. Alla fine il conto lo pagano i veneti, che vedono sparire due banche dal territorio, pur malmesse, pur fallite, e assistono sgomenti a una vicenda che passerà alla storia come la peggiore soluzione che si potesse dare a questa drammatica vicenda”. Già, ma dalle greppie di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, i buoi sono scappati da un pezzo…

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