In occasione della Giornata mondiale del rifugiato, che si celebra il 20 giugno, Amnesty international è tornata a chiedere alla comunità internazionale di intraprendere azioni concrete per sostenere la protezione dei rifugiati, attivare canali sicuri per richiedenti asilo e rifugiati e opportunità di mobilità per i migranti. A Ventimiglia l’emergenza è continua, e non coinvolge solo centinaia di migranti adulti, in transito verso la Francia.  Un capitolo a parte infatti merita la situazione in cui si trovano a vivere i bambini e i ragazzi minorenni, molti dei quali dormono per strada, senza assistenza e servizi igienici di base. Il regolamento di Dublino e le leggi che regolano l’immigrazione in Europa, sulla carta, contemplerebbero delle eccezioni e diversi trattamenti di maggiore tutela. Contrariamente ai maggiorenni infatti, per la legge internazionale, un ragazzo arrivato prima del raggiungimento della maggiore età avrebbe diritto a richiedere asilo nel Paese che preferisce, in base al criterio di “superiore interesse” del minore.
Oggi in una situazione di ricambio continuo, sono circa cinquanta i minori ospitati in questi giorni nei locali del centro di accoglienza “Ventimiglia Con-Fine Solidale” autofinanziato dalla Caritas diocesana di Imperia-Sanremo e allestito da un anno presso i locali della chiesa di Sant’Antonio alle Gianchette, quartiere popolare della città frontaliera. Di questi cinquanta, negli stessi spazi dove trovano protezione donne e casi di particolare fragilità, una ventina sono ragazzi non accompagnati dai genitori, mentre i restanti, la maggior parte dei più piccoli (tra gli zero e dieci anni) con uno o entrambi i genitori. Oltre a loro, al di fuori della struttura, in mezzo ai trecento migranti in transito verso la Francia, accampati sulle rive del fiume, i volontari stimano una presenza di un’altra cinquantina di minori, tra i 16 e i 18 anni, provenienti (come gli adulti) principalmente da paesi in situazioni di conflitto come Somalia, Sud Sudan e Darfur ed Eritrea.
Il problema, come denunciano da anni le associazioni che cercano di tutelare il viaggio dei minori, è che i tempi della burocrazia sono lunghissimi, ed è necessario che qualcuno si faccia carico del minore e mandi avanti la pratica. Così possono passare alcuni mesi o addirittura anni anche per ricongiungere bambini minori di dieci anni alla mamma o al papà che si trova in altri paesi, nel frattempo crescono continuamente in viaggio, senza accesso alla scuola o a servizi. Alla luce di questo risulta particolarmente critica la situazione di Ventimiglia, dove il Governo e le istituzioni locali lasciano che i minori che non riescono a trovare accoglienza presso il centro indipendente e autofinanziato dalla Caritas presso la parrocchia di Sant’Antonio, vivano in riva al fiume senza acqua potabile e servizi in balia di diverse possibili situazioni di pericolo. È di poche settimane fa il caso di un ragazzo sudanese di 16 anni morto cascando nel fiume, probabilmente mentre stava lavando le scarpe.
Nell’unico centro autorizzato dalla Prefettura, al “Campo Roya” gestito dalla Croce Rossa, si stanno preparando ad ampliare l’accoglienza per gli adulti (da 300 a 600 posti), ma il progetto di allestire un’area per fornire servizi essenziali a minori e donne sembra ancora lontano dall’essere implementato. Quello che chiedono le associazioni attive sulla frontiera non è necessariamente una presa in carico (che pure sarebbe dovuta per legge) dei minori da parte del Comune, nella consapevolezza che la maggior parte di essi sono solo in transito e “scapperebbero” dalle strutture, ma per lo meno che venga data a tutti la possibilità di accedere a servizi igienico-sanitari di base e ricevere assistenza legale. Così, alla frontiera di Ventimiglia tra l’Italia e la Francia, sul rispetto dei diritti umani elementari delle persone più fragili (donne e bambini), sprofonda l’Europa dei diritti.
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