Manovra a tenaglia per depotenziare l’inchiesta Consip. Mentre al Senato Pd e Forza Italia uniscono le forze per lasciare al suo posto il ministro Luca Lotti, indagato, e far fuori il suo grande accusatore Luigi Marroni, il Consiglio superiore della magistratura mette al vaglio le presunte irregolarità commesse dalla procura di Napoli nell’indagare sugli appalti della centrale acquisti della pubblica amministrazione. Il Comitato di presidenza ha infatti deciso di investire del caso la Prima Commissione, competente sul trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale dei magistrati. E di sollecitarla a esaminare anche un’altra pratica, che pende quasi da due anni a Palazzo dei marescialli: quella sulle intercettazioni ambientali tra il generale della Gdf Michele Adinolfi e l’allora premier Matteo Renzi, disposte nell’ambito di un’altra inchiesta della procura di Napoli, su Cpl Concordia, finite sui giornali.

Il procuratore generale di Napoli, Luigi Riello, che esercita la vigilanza sui magistrati del distretto, ha inviato una nota ad hoc al comitato di presidenza una nota sulle modalità con cui è stata indagata dai pm napoletani una donna magistrato, Rosita D’Angiolella, oggi giudice al tribunale di Milano ma fino a pochi mesi fa capo dell’ufficio legislativo del ministero dell’Istruzione. Il suo nome era finito sui giornali ed era stata descritta come amica di Alfredo Romeo, l’imprenditore indagato per corruzione nell’inchiesta Consip, ma anche del presidente dell’Anac, Raffaele Cantone. E quando il presidente dell’Anticorruzione era stato sentito come testimone dai pm napoletani, gli era stato chiesto di parlare anche di una telefonata che ricevuta dalla collega alla vigilia di un convegno a cui Romeo lo aveva invitato a partecipare.

La nota di Riello richiamerebbe l’attenzione sulle modalità di iscrizione di D’Angiolella nel registro degli indagati, a cominciare dalla tempistica seguita e dai conseguenti oneri di informazione. E conterrebbe la lamentela del procuratore facente funzioni del capoluogo campano Nunzio Fragliasso di non essere stato avvertito tempestivamente del fatto che un magistrato era finito sotto indagine: accusa respinta da Woodcock e Carrano. Gli accertamenti della Prima Commissione – guidata dal laico del Pd Giuseppe Fanfani, mentre i relatori saranno i togati Luca Palamara e Aldo Morgini – potrebbero comunque andare oltre. Perché il Comitato di presidenza le ha affidato un mandato pieno: potrà approfondire altre vicende legate all’inchiesta e che possono rientrare nella competenza del Csm.

Il Csm si era già occupato dell’inchiesta sulla pubblica amministrazione, ipotizzando l’apertura di un pratica sul presunto scontro tra le procure di Roma e Napoli. Alla fine, però, il comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli non aveva aperto alcun fascicolo per evitare “indebite sovrapposizioni e condizionamenti”. Tra i magistrati titolari di entrambi le indagini – quella su Cpl Concordia e quella sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione – c’è il pm Henry John Woodcock, che nei mesi scorsi era già stato sottoposto a procedimento disciplinare da parte del Csm. Il procedimento era stato aperto dal procuratore generale della Cassazione Pasquale Ciccolo (che l’anno scorso, pur essendo in età da pensione, si è visto prorogare l’incarico dal governo Renzi) che aveva messo sotto inchiesta le dichiarazioni pubblicate da Repubblica il 13 aprile accreditate al pm. In nessuna parte dell’articolo, però, si evinceva che effettivamente Woodcock avesse parlato col quotidiano. Non è detto però che il pm napoletano sia interessato anche dagli accertamenti sull’inchiesta Cpl Concordia: fu lui a disporre quell’intercettazione, ma negli atti venne coperta da omissis; fu invece depositata in un’indagine diversa e con altri sostituti titolari, quando ormai erano caduti i vincoli del segreto.

L’ipotesi che ci fosse una qualche forma di conflitto tra le due procure impegnate sul caso degli appalti della centrale acquisti della pubblica amministrazione è nata a seguito della decisione da parte di Roma di aprire un’indagine per fuga di notizie sui carabinieri del Noe e affidare le verifiche al nucleo investigativo di Roma, revocando la delega allo stesso nucleo operativo ecologico. La procura di Napoli ha invece confermato la sua “fiducia” nel corpo armato. Poi il capitano Giampaolo Scafarto è finito indagato per falso, accusato di aver alterato alcune informative legate all’indagine. Quindi nel registro degli indagati è finito anche il nome di Alessandro Sessa, vicecomandante del Noe, accusato di depistaggio

 

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