Contratto di prestazione occasionale. O meglio: PrestO e Libretto Famiglia. Sono questi i nuovi nomi di quelli che tutti chiamano già, più semplicemente, i “nuovi voucher”. E che ormai sono legge: il provvedimento che li introduce era contenuto all’interno della manovra correttiva da 3,4 miliardi, approvata giovedì dal Senato con voto di fiducia. Il testo licenziato è identico a quello che era passato alla Camera il 31 maggio scorso. “Non è stato possibile modificare nulla. D’altronde il governo ha compresso i tempi, il decreto scadeva il 23 giugno”, spiega Barbara Lezzi, rappresentante dei Cinquestelle in commissione Bilancio a Palazzo Madama. “Noi ci abbiamo provato, lunedì, presentando un emendamento per stralciare i nuovi voucher – le fa eco Barbara Guerra, capogruppo di Mdp – Ma lo hanno votato solo i pentastellati, e dunque è stato bocciato”. Eccoli, allora, i nuovi voucher. Che Federico Martelloni, professore di Diritto del Lavoro all’Università di Bologna, definisce così: “Strumenti parzialmente diversi rispetto a quelli abrogati nel marzo scorso, ma che presentano ugualmente evidenti storture. E che soprattutto ripropongono lo stesso sostanziale paradosso: creano, cioè, una forma di contratto con tutele minime per coprire delle tipologie di lavori per i quali i contratti già ci sono, dal part-time al lavoro a chiamata, e sono anche quelli già abbastanza precari”.

Si presentano sotto una doppia natura, i nuovi voucher. Per quanto riguarda i lavori domestici (dal giardinaggio alle ripetizioni, passando per il baby-sitting e i servizi di pulizia), le famiglie avranno a disposizione dei tagliandi telematici da 10 euro l’ora, a cui vanno aggiunti 2 euro per i contributi e l’assicurazione. È il cosiddetto Libretto Famiglia.

Sul fronte delle aziende, la questione è più complessa. In questo caso la nuova legge prevede la possibilità di attivare, tramite un portale online dell’Inps, un mini-contratto occasionale, con una paga oraria minima di 9 euro ed il 33% di contribuiti a carico del datore, oltre al premio assicurativo contro gli infortuni e le malattie professionali. Fanno eccezione i lavori agricoli, per i quali la retribuzione minima potrà essere inferiore, dal momento che verrà stabilita sulla base del contratto collettivo stipulato dalle principali associazioni sindacali.

In ogni caso, non ci sarà più bisogno di acquistare i tagliandi in tabaccheria: la procedura sarà via internet. Una velocità richiamata anche nel nome scelto: PrestO, abbreviazione di Prestazione Occasionale.

Ad utilizzare questa nuova tipologia di contratto potranno essere solo le aziende con meno di 5 lavoratori subordinati a tempo indeterminato. “Il che – precisa il giuslavorista Martelloni – significa includere la stragrande maggioranza delle attività che compongono il nostro tessuto imprenditoriale”. Sono escluse, inoltre, anche le aziende del settore edilizio e minerario, quelle che eseguono appalti di opere e servizi. Sarà possibile ricorrere a PrestO, invece, per la Pubblica amministrazione: ma solo per far fronte ad esigenze temporanee o eccezionali, come eventi sportivi o emergenze dovute a calamità naturali.

Si riducono anche i limiti di utilizzo. La nuova legge stabilisce un tetto massimo valido sia per il lavoratore sia per il datore, che non potranno chiedere o effettuare prestazioni per oltre 5mila euro all’anno. Ciascun lavoratore, inoltre, non potrà offrire al singolo committente prestazioni che vadano oltre i 2500 euro di retribuzione. Se questa soglia dovesse essere superata, a quel punto per il datore scatterebbe l’obbligo di assumere il lavoratore a tempo determinato. Assunzione tassativa anche nel caso in cui si superino le 280 ore di collaborazione annua: cosa che è possibile nel settore agricolo (dove la paga oraria, come detto, può essere inferiore ai 9 euro), nel quale l’utilizzo dei nuovi voucher è ristretto comunque alle sole figure deboli del marcato del lavoro: pensionati, disoccupati, studenti e persone che ricevono sussidi integrativi.

Altro paletto: le prestazioni occasionali non potranno durare meno di 4 ore, e il committente non potrà richiederle ad una persona che già lavora per la sua azienda, né a hi con quella stessa azienda ha interrotto da meno di 6 mesi un rapporto di lavoro subordinato o di co.co.co.

In generale, dunque, c’è qualche restrizione in più rispetto al passato. Prima che il governo Gentiloni abrogasse in tutta fretta la vecchia legge, per scongiurare il rischio del referendum indetto dalla Cgil, per le aziende non esistevano limiti di grandezza, mentre per il lavoratore la somma massima percepibile in voucher in un anno – innalzata dal Jobs Act di Matteo Renzi – era di 7mila euro.

Modifiche che però non bastano, secondo Martelloni, ad eliminare il problema di fondo connesso alla regolamentazione del lavoro accessorio. “Siamo sempre lì: come quelli precedenti, anche i nuovi voucher rappresentano un contratto di lavoro senza un vero rapporto di lavoro. In altre parole – specifica Martelloni – il datore continua a non farsi carico dei rischi e delle responsabilità connesse alla prestazione di cui usufruisce, dalla copertura infortunistica al riconoscimento delle ferie retribuite. Diritti, tra l’altro, stabiliti dalla Costituzione”.

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