Un concorso per l’assunzione a tempo indeterminato, al ministero dell’Interno, di 250 lavoratori per gestire, da un punto di vista amministrativo, le necessità relative ai richiedenti asilo. E quindi un lavoro, che richiede specifiche conoscenze della lingua inglese, come testimoniano già le prove di preselezione. Ma tra i requisiti per partecipare non figura la laurea in lingue, rendendo così il bando a forte rischio ricorso. E andando incontro a un possibile blocco della procedura di assunzione. Le classi di lauree previste sono numerose: da Pubblicità e comunicazione d’impresa a tecniche e metodi dell’informazione, passando per una serie corposa di percorsi di studi. Ma di quella in lingue non c’è traccia. “È un bando chiaramente illegittimo”, ha denunciato il deputato del Partito democratico, Marco Di Stefano, che ha chiesto chiarimenti al Viminale con un’interrogazione parlamentare a Montecitorio.

Probabile ricorso – La pubblicazione del bando risale allo scorso 26 aprile con la scadenza dell’invio delle domande fissata per l’1 giugno. Vengono messi a disposizione 250 posti di lavoro da inserire nelle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale e alla Commissione nazionale per il diritto d’asilo, con la precisazione di individuare “personale altamente qualificato”. In un mese sono pervenute al ministero oltre 54mila domande, lasciando presagire una lunga fase di selezione, che però potrebbe aver un iter non scontato. Molti laureati in lingue starebbero già pensando di impugnare il bando, secondo quanto ha riferito Di Stefano. “Sono stato sollecitato dalle persone interessate a questo concorso, che hanno trovato delle anomalie e hanno avvertito l’esigenza di ripristinare un bando legittimo. Al momento presenta dei vulnus enormi”, ha spiegato a ilfattoquotidiano.it il deputato dem.

Il problema – Per paradosso, il bando non contempla la lingua inglese tra i titoli di studio ammissibili alla partecipazione ma fin dalle prove preselettive richiede competenze linguistiche. “Durante la prova orale è previsto un colloquio finalizzato all’accertamento della conoscenza della lingua inglese attraverso la lettura ed il commento di un articolo di stampa inerente ad argomenti attinenti alla protezione internazionale”, si legge nelle linee guida approntate per le preselezioni. E non solo. C’è una prova scritta “volta all’accertamento della conoscenza della lingua inglese, della durata di tre ore, senza l’uso del vocabolario”, a cui si aggiungono “la lettura brano in lingua inglese su un argomento attinente ad elementi di diritto pubblico” e “l’ascolto di uno o più brani”. Sempre in inglese e su argomenti di diritto pubblico. Per questo Di Stefano ha attaccato: “Nella sostanza si tratta di un bando per un lavoro da svolgere con competenze linguistiche a cui i laureati in lingue non possono concorrere”. E la richiesta di una iniziativa per rettificare del bando, con l’inserimento dei titoli di studio idonei al lavoro da svolgere, è pervenuta al ministro Marco Minniti sotto forma di un’interrogazione depositata alla Camera. Con un obiettivo: scongiurare una partita giudiziaria che potrebbe bloccare 250 assunzioni. Di Stefano ha infine annotato: “Quei posti sono importanti anche per il ruolo che quel personale dovrà svolgere”.

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