L’emendamento ammazza-riforma elettorale, i franchi tiratori, le elezioni anticipate. Matteo Renzi parla al Corriere della Sera e indica la strada per ripartire dopo l’accordo con il M5s saltato. Ma parla come se non avesse mai parlato dalla sconfitta del referendum ad oggi. Per esempio sul voto anticipato: “Adesso la partita è chiusa. Abbiamo un orizzonte di quasi un anno prima del voto”. Quindi elezioni a scadenza regolare, nel 2018, annuncio che fa gridare Beppe Grillo: Napolitano chiede, il Pd esegue. Si vota “nel 2018 – afferma -, alla scadenza della legislatura. Come ho sempre detto” dice Renzi. Ma è solo una delle “dimenticanze”, diciamo così, dette dall’ex presidente del Consiglio nell’intervista ad Aldo Cazzullo.

Legge elettorale, chi ha tradito chi
“Non prendiamoci in giro. In commissione avevano votato contro. O l’accordo vale per intero o salta”
I Cinquestelle non hanno mai votato contro perché una votazione non c’è mai stata. La discussione si è sviluppata piuttosto sul ritiro di alcuni emendamenti, in particolare quello del leghista Cristian Invernizzi che chiedeva che il Fianum valesse anche in Trentino Alto Adige. Sostanzialmente chiede di modificare quello che chiedeva anche quello di Michaela Biancofiore di Forza Italia e di Riccardo Fraccaro dei Cinquestelle, la cui approvazione in Aula ha provocato poi la rottura dell’intesa sulla riforma. Dopo che Fiano chiede il ritiro dell’emendamento, dunque, Giancarlo Giorgetti – co-firmatario con Invernizzi – accoglie la richiesta ma chiede al relatore (Fiano, appunto) di riflettere su questa norma in vista dell’esame in assemblea. Subito dopo interviene Danilo Toninelli, per il M5s, che ricorda di aver ritirato un emendamento di analogo contenuto ed esprime perplessità per l’esclusione del solo Trentino-Alto Adige, invitando il relatore (sempre Fiano) a proporre un intervento correttivo che risolva la questione. Poi, come spiega ancora oggi Fiano in una replica a un blog del Fatto.it, nel cosiddetto Comitato dei 9 – un gruppo ristretto di parlamentari che si sono occupati di riforma elettorale – il relatore ha dato parere contrario sull’emendamento e i Cinquestelle – dice – non hanno fatto obiezioni. E’ anche vero che per giorni i Cinquestelle hanno detto che avrebbero voluto cambiare la legge votando i propri emendamenti. Quindi la sorpresa del Pd è a sua volta sorprendente.

I franchi tiratori del Pd
“Sei o sette su 300”.
In realtà, secondo Franco Bechis che su Libero ha analizzato l’ormai celebre foto del tabellone acceso per errore in modalità voto palese, i deputati che hanno votato in modo diverso dalla linea del gruppo sono stati 18: Umberto Marroni, Maria Chiara Gadda, Irene Tinagli, Yoram Gutgeld, Tommaso Ginoble, Maria Gaetana Greco, Lello Di Gioia, Antonio Cuomo, Maria Chiara Carrozza, Umberto D’Ottavio, Gero Grassi, Vincenza Bruno Bossio, Marco Miccoli, Giampiero Giulietti, Giuseppe Lauricella, Paola Pinna e due seduti nei posti riservati ai membri del governo. Tra questi Tinagli, Gutgeld e Bruno Bossio si possono definire renziani. Gutgeld è stato anche consulente di Palazzo Chigi. Per completezza va detto che alcuni deputati Pd – come Lauricella – si difendono dicendo che la loro luce verde poi è diventata rossa nel prosieguo della votazione, che poi è finalmente tornata a scrutinio segreto.

L’emendamento sul Trentino Alto Adige
“Non è un dettaglio: riguarda i diritti delle minoranze linguistiche, i trattati internazionali”.
E’ chiaro che ogni volta che si parla di Trentino Alto Adige c’entrino le minoranze linguistiche. Le disposizioni speciali per la Regione sono motivate dalla conformazione etnico-linguistica e dal bisogno di garantire la giusta rappresentanza alla minoranza di lingua tedesca e a quella di lingua italiana. Ma il sistema elettorale c’entra poco, perché esistono molti partiti che tutelano le minoranze: la Svp è il più grosso, ma ce ne sono altri. L’unica differenza è che la Svp è avvantaggiata dal Mattarellum – come prevedeva il testo di Fiano -, mentre con la legge elettorale che avrebbe dovuto essere nazionale avrebbero avuto maggiori speranze anche gli altri partiti regionali. Tanto è vero che durante la Prima Repubblica il sistema era proporzionale per tutta Italia, Trentino Alto Adige compreso.

Le elezioni anticipate
Quando si vota? “Nel 2018, alla scadenza alla legislatura. Come ho sempre detto”.
Dopo il referendum, in una direzione del Pd, Matteo Renzi disse: “O si va a votare dopo la sentenza della Consulta o se invece vogliono un nuovo governo che affronti la legge elettorale ma anche gli appuntamenti internazionali il Pd è consapevole ma non può essere il solo perché abbiamo già pagato il prezzo in un tempo non troppo lontano”. Poi le dichiarazioni ufficiali si sono diradate, anche per il fatto che Renzi ha dato le dimissioni da segretario, ma sono proseguiti i retroscena delle tentazioni di voto anticipato del leader del Pd, quasi sempre non smentite (come invece ha fatto per altre cose). E di sicuro di elezioni anticipate hanno parlato insistentemente i deputati a lui vicini, prendendo a pretesto le ripetute crisi dentro la maggioranza avvenute negli ultimi mesi. L’ultima volta è stato Matteo Richetti, qualche ora prima dell’approvazione dell’emendamento killer sulla legge elettorale. “Se un Parlamento, dopo i richiami del capo dello Stato e della Corte costituzionale, non riesce a fare una legge elettorale – aveva detto – ci vuole un bel coraggio a dire che la legislatura deve continuare”.

Da ricordare anche che alcuni esponenti alfaniani hanno raccontato del tentativo di Renzi di sfiduciare il governo Gentiloni già da febbraio. Il Pd ha smentito.

La crescita
Guardi che siamo il Paese che cresce meno in Europa. “Non è così, come dimostrano gli ultimi dati Istat”.
Gli ultimi dati Istat a disposizione sono quelli del primo giugno. Il Pil, secondo l’istituto di statistica, è aumentato dello 0,4 per cento rispetto al trimestre precedente e dell’1,2 nei confronti del primo trimestre del 2016, al top dal 2010. L’Italia, che resta sotto la media europea del +0,5 per cento e +1,7 annuo. Secondo l’Eurostat l’Italia, come spesso accade, si posiziona verso il fondo della classifica per Paesi: la crescita dello 0,4 la accomuna al penultimo posto ex aequo con Grecia, Francia e Olanda. L’ultimo è il Regno Unito.

Le alleanze a sinistra
“D’Alema è uscito dal Pd contro di me; non credo adesso voglia fare coalizione. Comunque non dipende dalle persone ma dai contenuti: tagli all’Irpef, periferie, lotta alla povertà, Jobs act”.
Il 27 aprile scorso aveva detto: “Con quelli che sono andati via dal Pd non faremo alleanze, è ovvio”.

Antonio Campo Dall’Orto
Perché ha mandato via Campo Dall’Orto dalla Rai? “Ma dai, io non c’entro nulla. Il cda ha bocciato il suo piano per l’informazione, con l’unico voto contrario del mio amico Guelfo Guelfi. Ad Antonio ho chiesto una cosa sola: togliere la pubblicità alla tv dei ragazzi, non decidere il conduttore di Ballarò“.
Quello che il segretario del Pd non dice è che per mesi ci sono state decine di dichiarazioni di parlamentari del Pd contro alcuni programmi tv, contro alcune scelte dei programmi, contro le decisioni dei vertici della Rai e in particolare le azioni del direttore generale Campo Dall’Orto. Tutti renziani e in particolare il portabandiera era Michele Anzaldi, record-man di dichiarazioni in agenzia di stampa. Un anno fa Anzaldi, in un’intervista al Corriere, disse: “Purtroppo dobbiamo ammetterlo: su di loro ci siamo sbagliati”. Loro erano la presidente e il direttore generale, Monica Maggiori e Campo Dall’Orto. Ma l’allora segretario del Pd non protestò e Anzaldi è stato portavoce di Renzi nella campagna congressuale.

Riceviamo e pubblichiamo

 

Egregio direttore,
leggo il Vostro giornale con attenzione e ammirazione ogni giorno. Ieri, però, sull’edizione online del Vostro quotidiano è stato ripreso l’articolo di Franco Bechis riguardante i “franchi tiratori del Pd”, nel quale si cita, tra gli altri, anche il mio nome. Non è la prima volta che su Libero Quotidiano riscontro una serie di inesattezze e imprecisioni che mi riguardano. L’ultima, riguarda, appunto, la votazione in Aula della Camera dei Deputati relativamente all’emendamento Biancofore. Votazione che mi vedrebbe aver votato “contro l’indicazione del gruppo”, accusandomi di essere “franco tiratore”.

Le assicuro con fermezza e convinzione, direttore, che il mio voto non è stato affatto a favore del suddetto emendamento e contro l’indicazione del gruppo, come Bechis afferma, e il Vostro quotidiano ha ripreso. Il tabellone illuminato ristabilisce, in questo caso e come sempre, la verità del voto di ognuno. Con molta probabilità, il giornalista di Libero, e non solo, ha confuso voti e posti in cui sono seduti i deputati nell’emiciclo dell’Aula durante quella votazione. E, con altrettanta probabilità, si è confuso il mio attuale posto in Aula, che è situato in alto (posto 237) con il posto di qualcun altro. A prova di quanto affermo, Le inviamo screenshot del suddetto voto e del posto in cui siedo in Aula (in calce e in allegato).

Non corrispondendo, dunque, a verità, e certi della Vostra correttezza, ci attendiamo di poter leggerne l’immediata rettifica, riservando la stessa visibilità. Grazie.

Distinti saluti,

Lello Di Gioia
Deputato Pd

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