Dei sondaggi sul gradimento dei sindaci non si fida. Per anni quello realizzato da Ipr Marketing per Il Sole 24Ore l’ha piazzata in fondo alla classifica dei primi cittadini: “L’ultimo posto era dato da diversi elementi, ad esempio la situazione dei conti o la qualità dell’aria”, dice per relativizzare. E allora Rita Rossa, sindaco Pd di Alessandria, ha deciso di ricandidarsi e vedere se i suoi concittadini promuovono l’operato di cinque anni difficili: “Vedo in loro molta comprensione, sanno cosa ho ereditato”. Dovrà vedersela con altri sette candidati tra cui l’esponente del centrodestra Gianfranco Cuttica di Revigliasco e il rappresentante del M5s Michelangelo Serra.

Eletta il 21 maggio 2012 contro il sindaco uscente Piercarlo Fabbio (Pdl), Rita Rossa ha subito dovuto affrontare delle grane finanziarie, a cominciare dai 300 milioni di euro di debiti e dai creditori alle porte del Palazzo Rosso. “Per anni il Comune di Alessandria ha speso più di quanto incassava, – spiega – Così venti giorni dopo l’elezione è arrivata una comunicazione del prefetto sul dissesto della città”. Era il provvedimento basato sulla delibera della Corte dei conti, sezione di controllo, in cui si prendeva atto del “perdurante inadempimento” della città nel trovare soluzioni per sanare la “situazione finanziaria gravemente deficitaria”. Bisognava approvare il dissesto, pena il commissariamento.

Comincia così una politica economica austera, fatta di tagli e cessioni che in quell’estate 2012 porta i dipendenti delle società comunali, l’Atm e l’Amiu, a bloccare i trasporti pubblici, la pulizia della città e la raccolta della spazzatura. Alessandria viene paragonata a una piccola Grecia non solo per questi disagi, ma anche per colpa degli artifici contabili dell’amministrazione precedente, quella del sindaco Fabbio, per rientrare nel patto di stabilità, artifici che sono valsi all’ex sindaco una condanna definitiva della Corte dei conti e una in primo e secondo grado per falso in atto pubblico (si attende la Cassazione).

“In Comune abbiamo dovuto rivedere una serie di decisioni – spiega la sindaca dem – Ad esempio il taglio del verde non si è fatto più cinque volte l’anno, ma soltanto tre. Per risparmiare abbiamo fatto lavorare cooperative sociali e non la società partecipata: abbiamo scoperto che in passato i lavori venivano pagati di più per pompare soldi nell’azienda pubblica”. Poi c’è stato un taglio netto al capitolo di bilancio dedicato alla comunicazione, le decurtazioni a giunta e consiglieri, l’uscita agevolata dei dipendenti pubblici coi prepensionamenti e un gran lavoro di forbici fatto “salvaguardando i posti di lavoro e senza toccare gli asili”, assicura Rossa. Una grossa somma, però, l’hanno messa i cittadini: le aliquote delle imposte locali sono schizzate ai massimi e così per alcuni anni gli abitanti hanno pagato tra i 710 e i 790 euro di tasse al Comune.

In questo modo nel 2013 è stato presentato un bilancio in equilibrio e l’anno successivo il Comune è rientrato nel patto di stabilità chiudendo lo stato di dissesto e quindi si ricandida per governare altri cinque anni. Ma non pensa proprio mai al basso gradimento della classifica sui sindaci? “No, anche perché quella classifica afferma che parto da un gradimento che varia tra il 40 e il 44 per cento dei consensi”. Il giudizio negativo dei suoi concittadini non la preoccupa, anzi rivendica il suo operato: “Ho praticato l’etica della responsabilità. In un momento in cui la politica si rimpalla le responsabilità, io ho agito – conclude – In altre città non avviene e la situazione sta travolgendo tutto”. Chissà se gli alessandrini se ne sono accorti.

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