Dentro al palazzo comunale, tutto è pronto per l’arrivo dell’assessore regionale toscano alla Salute Stefania Saccardi. Fuori, però, il sindaco sale sulla torre di Volterra: troppi tagli, dice, “starò quassù a oltranza”. Siamo nell’entroterra toscano, in provincia di Pisa, non lontano dal mare di Cecina. Qui l’ospedale, centro di eccellenza a livello nazionale, rischia di finire vittima delle sforbiciate della Regione. “Lo stanno sfogliando come un carciofo. Dopo la chiusura del punto nascite nel 2012  – racconta a ilfattoquotidiano.it il sindaco Marco Buselli – ora ci vogliono togliere chirurgia e ortopedia nel fine settimana. A quel punto si faranno solo interventi di lieve entità e anche il pronto soccorso non avrà più le basi per funzionare”. Resterà sulla torre, spiega, fino a che la Regione non farà chiarezza una volta per tutte riguardo all’ospedale di Volterra e il suo futuro”. Il sindaco non è solo: la settimana prossima, il 10 giugno, è in programma una manifestazione alla quale hanno già aderito quasi un centinaio tra Comuni, aziende e associazioni.

Eccellenze buttate al vento
La storia non è nuova: negli ultimi anni, in attuazione del decreto Balduzzi e della sua spending review sanitaria, in Italia sono stati chiusi o depotenziati, molti ospedali situati in aree marginali o vicini a poli più grandi. È accaduto più volte anche in Toscana, in altre province. Un mare di tagli che, insieme alle inefficienze, ha spesso travolto il diritto alla salute dei cittadini. E, come sta succedendo a Volterra, eccellenze su cui sono stati investiti anche soldi pubblici. “Qui abbiamo una delle due sale operatorie 3D per la chirurgia vertebrale esistenti in Italia, donata dalla Cassa di risparmio di Volterra e dalla sua fondazione. È costata quasi un milione di euro e se l’ospedale non avrà più il reparto di chirurgia 24 ore su 24, andrà in soffitta”, denuncia il sindaco, al secondo mandato con una lista civica che da sempre ha preso le distanze dal Pd. Ma non è finita qui: “Nell’ospedale hanno sede il centro specializzato in riabilitazione dove anche la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa svolge le sue ricerche, il centro di psichiatria criminale dove sono curate una quarantina di persone e il centro di riabilitazione Inail – spiega Buselli – Su queste due ultime strutture, il ministero della Giustizia e l’ente assicurativo hanno pianificato investimenti di circa 8 milioni di euro ciascuno, che hanno però come presupposto fondamentale il fatto che ci sia un ospedale completamente funzionante”.

Ospedale svuotato dall’interno
In mezzo alla battaglia, condotta da mesi da diverse associazioni del territorio insieme all’amministrazione comunale, c’è anche la Cgil. Sono stati proprio i rappresentanti sindacali, infatti, ad avere per primi dalla Asl, a gennaio, la conferma del piano messo a punto per Volterra: chiusura della chirurgia dalle 20 del venerdì alle 7 del lunedì successivo, urgenze trasferite all’ospedale di Pontedera, taglio dei posti letto, abolizione dei primari di ortopedia e chirurgia. Sul pronto soccorso, invece, si legge in un documento presentato dal sindacato alla Asl con proposte alternative, in teoria “nessuna variazione, salvo non dire che con la chiusura dei reparti chirurgici nel fine settimana, verrebbe a mancare il supporto dei professionisti per le consulenze e quindi ci chiediamo quali prospettive e quale significato potrebbe avere”.

Diritti negati
Se non è dato sapere al momento quali saranno le prospettive, è più facile immaginare quali sarebbero gli impatti sui cittadini. Una storia su tutte è quella di Dana: se all’ospedale di Volterra non ci fosse stata la chirurgia d’urgenza, non si sarebbe salvata: caduta da cavallo, con la milza perforata da una costola rotta e due litri e mezzo di sangue in corpo per un’emorragia, 50 km di strada per arrivare alla sala operatoria di Pontedera non se li sarebbe potuti permettere. “Ho più volte invitato l’assessore regionale Saccardi ai consigli comunali aperti per spiegare ai cittadini le intenzioni della Regione, ma viene solo adesso. Spero non con l’effetto di sparigliare il fronte della protesta”, aggiunge il sindaco. Contattata da ilfattoquotidiano.it, l’assessore non ha voluto rilasciare dichiarazioni, ma lo scontro è aperto. Anche con la Cgil, che in Toscana sul tema della sanità ha scelto la linea della protesta e ha già annunciato una manifestazione regionale per fine giugno: “Siamo pronti al dialogo, ma la Regione deve coinvolgere il sindacato. Non siamo disposti a farci tagliare fuori”, dice a ilfatto.it Massimo Basilei della Cgil pisana.

L’Appennino come un deserto
Un decreto ministeriale del 2015 prevede la possibilità di deroghe ai tagli per le zone particolarmente disagiate, ma, denuncia Eva Giuliani, vice presidente dei coordinamenti di cittadini Crest e Cisadep, “la Regione non ne ha prevista nemmeno una. Non c’è stata la volontà politica di trovare soluzioni. Anche gli amministratori locali hanno ceduto subito alle richieste della Regione: essendo quasi sempre della stessa parte politica, è stato facile per il governatore Enrico Rossi farli rientrare nei ranghi”. Altre strutture, infatti, sono già state chiuse sotto gli occhi di sindaci a volte impotenti, altre volte rassegnati: “Le aree appenniniche si sono trasformate in deserti. Hanno chiuso il pronto soccorso all’Abetone e stanno depotenziano gli ospedali di Casentino e Lunigiana. Sempre seguendo lo stesso copione che ora va in scena a Volterra. Se non si garantisce il diritto alla salute, è inutile parlare di politiche per le aree interne: la gente se ne va e l’Appennino muore”.

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