“Al diritto alla libertà di scelta individuale del genitore vanno contrapposti altri diritti fondamentali della collettività, anch’essi di rango costituzionale, come il diritto all’uguaglianza e alla salute e la partecipazione a una comunità sociale, quale appunto quella scolastica”. A Napoli non passa il “panino libero”. Dopo la sentenza della Corte di appello, quindici ordinanze di altri tribunali e l’ordinanza del collegio del tribunale di Torino a favore della “schiscetta” , la decima sezione civile del tribunale del capoluogo campano ha rigettato il ricorso d’urgenza di una mamma avvocato del 35esimo circolo didattico “Vanvitelli”, difesa dall’avvocato Giorgio Vecchione, patrocinatore della battaglia a favore dell’introduzione del pranzo da casa nella mensa scolastica.

Una sentenza che riapre il dibattito attorno al tema della refezione scolastica e dei diritti delle famiglie. La dirigente scolastica della scuola napoletana, difesa dall’avvocatura distrettuale dello Stato, ha visto riconosciuto dai giudici il valore formativo della ristorazione collettiva all’interno del tempo pieno e soprattutto l’importanza del consumo di un pasto igienicamente controllato. “Il giudice – spiega l’assessore all’istruzione del comune Annamaria Palmieri – dando ragione alla scuola non solo ha respinto l’urgenza della richiesta, ma ha anche ritenuto, come da sempre sostenuto da questa amministrazione che la valenza della refezione non possa essere contestata e soprattutto che la fruizione collettiva dello stesso pasto sia ispirata ai principi di uguaglianza citati all’articolo tre della Costituzione, che è il valore a cui tutti noi ci riferiamo ogni giorno”.

La decisione trova l’opposizione di Vecchione e dei genitori che con lui hanno sostenuto la battaglia per il pranzo da casa. Sulla pagina Facebook dell’avvocato torinese scrivono: “Poco importa se quel servizio è, per legge, un servizio facoltativo, se anche il Miur, con la nota del 3 marzo 2017 lo ha espressamente sdoganato imponendo ai dirigenti di accogliere la novità, se sono migliaia le famiglie in tutto il Paese ad esercitarlo di già. Per il Tribunale di Napoli, è meglio la mensa scolastica delle inaffidabili pietanze delle mamme, moderne “untrici” di manzoniana memoria. Considerazioni bizzarre quelle del giudice napoletano, se si pensa al fatto che solo pochi giorni fa, alcune municipalità napoletane hanno “sospeso” il servizio mensa per contaminazioni batteriche”.

Ma l’assessore Palmieri contatta nel pomeriggio dal fattoquotidiano.it non fa un passo indietro: “Il Miur in quella nota ha preso atto delle ordinanze e ha dato indicazioni alle scuole su come muoversi. Nel caso di specie c’è una scuola che offre tempo pieno e non; ha chiesto ai genitori di aderire ad una scelta, ha inserito nel piano dell’offerta formativa la prima opzione compresa la ristorazione collettiva e quindi ritiene di non avere gli strumenti per tutelare le condizioni igienico sanitarie di tutti quei bambini che potrebbero portare i pasti da casa. La scuola, sostenuta dal Comune, ha precisato che la mensa è educazione alimentare. Un solo genitore si è opposto alla scelta della scuola che non ha la possibilità di evitare la contaminazione tra i banchi; che non ha frigoriferi e altri strumenti per la conservazione. E’ per questo che la scuola ha rifiutato il pranzo a scuola”.

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