Materiali scandenti e un collaudo, ottenuto con pressioni e documenti falsi, che non poteva essere certificato. Tutto questo per favorire il potente clan Polverino. È questo il cuore dell’inchiesta che ha portato all’arresto degli imprenditori Aniello e Raffaele Cesaro, fratelli del deputato di Fi Luigi Cesaro. L’operazione del Ros, coordinata dal pm Marinella Di Mauro, è scattata all’alba. In manette con i due imprenditore altre tre persone. Secondo gli inquirenti il clan egemone nell’area nord occidentale di Napoli si sarebbe infiltrato negli investimenti da 40 milioni di euro per il piano di insediamento produttivo (Pip) del Comune di Marano (Napoli).

Contestati il concorso esterno in associazione mafiosa, il riciclaggio, la minaccia e falsità materiale e ideologica commessa da pubblico ufficiale: tutti reati aggravati dalle finalità mafiose. Secondo gli inquirenti è stato “documentato il patto tra il clan camorristico e i fratelli imprenditori di Cesaro funzionale all’aggiudicazione dell’appalto attraverso intimidazioni mafiose e reimpiego delle ingenti risorse economiche provenienti dai traffici illeciti del clan”. I carabinieri hanno eseguito un decreto di sequestro di beni immobili, partecipazioni societarie e rapporti finanziari per un valore di 70 milioni di euro.

In questa inchiesta ai fratelli Cesaro, dalla Dda guidata da Giuseppe Borrelli, viene contestata l’imposizione al sindaco di Marano dell’epoca una variante al piano regolatore per l’approvazione del Pip. Secondo l’accusa sarebbero riusciti anche a fargli “determinare la nomina di un professionista di fiducia per redigere lo studio di fattibilità e predisporre tutti gli atti necessari per l’indizione e lo svolgimento della gara in modo da pilotarla a favore dei fratelli Cesaro”. Nel capo di imputazione si fa riferimento anche intimidazioni subite dai proprietari dei terreni espropriati. Nel registro degli indagati sono finiti anche due professionisti per “una serie di atti e certificazioni false dei permessi per la realizzazione dei capannoni e delle opere di urbanizzazione“. Il collaudo tecnico amministrativo-provvisorio delle opere sarebbe stato ottenuto, secondo la Dda, “esercitando indebite pressioni sugli amministratori per costringerli ad attestare falsamente la conformità dei lavori” facendo “assegnare a società di riferimento del clan Polverino i lavori di sbancamento e forniture di materiali”. Materiali scadenti e per questo gli inquirenti sottolineano “un pericolo per l’incolumità pubblica dovuto al mancato collaudo e pessima esecuzione delle opere della rete fognaria, idrica e elettrica mediante utilizzo di materiali difformi e inferiori di qualità rispetto a quelli previsti”.

Il Pip “in piena sinergia con il potente clan camorristico Polverino”, sarebbe stato finanziato “da ingenti somme di denaro frutto di traffici illeciti direttamente riferibili al capo clan Polverino Giuseppe, attualmente detenuto al 41 bis, ed impiegate nelle varie fasi del progetto”. Nell’inchiesta c’è anche un importante capitolo sul riciclaggio riciclaggio: i soldi sarebbero stati investimenti in complessi immobiliari di tipo residenziale, “realizzati attraverso le imprese dei cugini maranesi Di Guida Antonio e Di Guida Pasquale, anche con la partecipazione dell’ingegnere Giannella Oliviero, che – si legge in una nota della Procura di Napoli – hanno di fatto garantito la fittizia intestazione degli immobili alle società costruttrici schermando la reale titolarità degli esponenti del clan Polverino”.

Non sono i primi guai giudiziari per i due imprenditori. Aniello e Raffaele Cesaro, erano stati rinviati a giudizio rinviati a giudizio dal Tribunale di Napoli per le accuse di concorso esterno in associazione camorristica e turbativa d’asta. I reati sarebbero stati commessi, secondo i magistrati della Dda, nell’ambito della realizzazione di alcune strutture nell’area di insediamento produttivo (Pip) del comune di Lusciano (Caserta). I fratelli Cesaro erano stati invece prosciolti dall’accusa di turbativa d’asta relativa alla realizzazione, sempre a Lusciano, di un centro sportivo dotato di piscina. Il giudice aveva anche rinviato a giudizio l’ex sindaco del comune casertano, Isidoro Verolla. I fratelli Cesaro, compreso Luigi, finirono sotto inchiesta nell’estate del 2014, quando fu chiesto dalla Procura l’arresto di ex politici, funzionari ed ex amministratori di Lusciano. Per il deputato, pero’, fu successivamente chiesta e ottenuta l’archiviazione.

Articolo Precedente

Nicola Cosentino condannato a sette anni e mezzo per estorsione nel processo “carburanti”

next
Articolo Successivo

Camorra, il pentito ai pm: “Da Luigi Cesaro 10mila per comprare schede elettorali. Le punizioni a chi sgarrava”

next