Firmati sia il decreto attuativo per l’accesso all’Ape social, l’anticipo pensionistico per disoccupati e disabili con almeno 63 anni e con ammortizzatori sociali esauriti da almeno tre mesi, sia quello per i lavoratori precoci con almeno 41 anni di contributi. Ad annunciarlo con un tweet, dopo la firma, è stato lo stesso premier Paolo Gentiloni. I testi approderanno ora in Gazzetta Ufficiale, consentendo a disoccupati e a chi si trova in una situazione difficile di ricevere un assegno mensile che faccia da ponte fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione e che, per i titolari di assegno di importo superiore a 1.500 euro, per la parte eccedente i 1.500 euro verrà restituito con gli interessi a scalare sulla pensione di vecchiaia una volta raggiunti i requisiti. Slitta al 15 luglio (prima era il 30 giugno) il termine di presentazione delle domande di accesso per chi ha raggiunto i requisiti entro il 2017, mentre per chi li raggiungerà il prossimo anno, la domanda andrà presentata entro il 31 marzo 2018. Nuove date stabilite dai tecnici del governo, che hanno recepito le correzioni proposte dal Consiglio di Stato al regolamento di attuazione, anche in ragione dei ritardi accumulati nell’approvazione. La platea dei beneficiari resterà sostanzialmente quella già prevista.

LE NOVITÀ – Così come richiesto dal Consiglio di Stato, per coloro che hanno maturato i requisiti dallo scorso primo maggio, sarà garantita una decorrenza retroattiva, consentendo ai lavoratori in questione di poter beneficiare del trattamento a partire dalla data prevista originariamente dalla legge di Bilancio 2017. Un impegno ribadito anche dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti, durante il question time in Parlamento. Insieme al termine di presentazione delle domande, slitta anche quello per le risposte di accoglimento: l’Inps provvederà entro il 15 ottobre a rispondere alle domande presentate quest’anno ed entro il 30 giugno del 2018 per quelle inoltrate il prossimo anno. Le domande presentate oltre i due termini (il 15 luglio 2017 e il 31 marzo 2018), ma comunque non oltre il 30 novembre sono prese in considerazione “esclusivamente se all’esito del monitoraggio residuano le necessarie risorse finanziarie”. In caso, invece, che le domande siano in eccesso rispetto alle risorse stanziate, sarà data priorità a chi ha raggiunto prima il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia e, in caso di parità di requisito, si considererà la data di presentazione della domanda.

LA PLATEA DI BENEFICIARI – L’Ape sociale può essere chiesta da soggetti in condizioni di disagio (disoccupati che abbiano esaurito la disoccupazione da almeno tre mesi, invalidi civili con almeno il 74% di invalidità, dipendenti che negli ultimi sette anni abbiano svolto per almeno 6 anni un lavoro gravoso). Sarà necessario avere almeno 63 anni di età e 30 di anzianità contributiva, che salgono a 36 anni in caso di attività usuranti, difficoltose o rischiose. In queste categorie sono inclusi operai edili, operatori ecologici, facchini, insegnanti di scuola dell’infanzia, infermieri organizzati su turni. Firmato anche il testo per i lavoratori precoci: accede all’anticipo con 41 anni di contributi chi ha lavorato per almeno 12 mesi prima dei 19 anni di età e si trova nelle stesse condizioni dei beneficiari dell’Ape social (è disoccupato e senza ammortizzatore da almeno 3 mesi). In questo caso si opera un anticipo di 10 mesi netti sui requisiti attuali per gli uomini e di un anno e 10 mesi per le donne.

Il governo ha calcolato una platea potenziale, per il 2017, di 60mila persone (35mila per l’Ape social e 25mila per i precoci), mentre per il prossimo anno sarebbero 45mila le persone a poter raggiungere i requisiti (20mila per l’Ape social e 25mila per i precoci). L’indennità, corrisposta per 12 mesi l’anno, è uguale all’importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione, in caso sia inferiore a 1.500 euro, ma in ogni caso – anche in caso di una pensione maggiore – non potrà superare questo importo mensile. L’Ape sociale è compatibile con redditi da lavoro dipendente o da collaborazione coordinata e continuativa, ma fino a un tetto di 8mila euro all’anno oppure di 4.800 euro all’anno se il reddito è da lavoro autonomo.

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