Le coste della Sicilia saranno off-limits per qualsiasi imbarcazione nei giorni a ridosso del G7 di Taormina, in programma per il 26-27 maggio. Il provvedimento, parte della direttiva sulle misure di sicurezza inviata a tutte le prefetture della Regione dal Ministero dell’Interno, andrà così a influenzare anche l’attività di chi, tra Guardia Costiera, Ong e navi della missione Sophia di Eunavfor Med, solca le acque del Mediterraneo per soccorrere i migranti partiti dalle coste del Nord Africa. Una situazione che, fanno sapere dal Viminale, “sarà gestita con flessibilità, garantendo comunque il soccorso delle persone in difficoltà”, ma che rischia di “ostacolare il lavoro di chi ogni giorno salva vite nel Mediterraneo – dichiara a Ilfattoquotidiano.it Axel Grafmanns, direttore delle operazioni della ong Sea-Watch – Il primo soccorso ha già conosciuto situazioni di emergenza, un ulteriore ostacolo rischia di portare a una violazione del diritto internazionale marittimo”.

Il provvedimento, spiega un responsabile del Ministero dell’Interno a Ilfattoquotidiano.it, è già in vigore dal 15 maggio per i porti di Messina e Augusta, vicini alla città che ospiterà il summit dei sette Capi di Stato e di Governo. Dal 22, poi, coinvolgerà tutti gli altri porti siciliani, compreso quello di Lampedusa. Il provvedimento, assicurano dal Viminale, non è legato al timore di infiltrazioni terroristiche sui barconi, ma dalla necessità di concentrare le forze di polizia, che devono essere presenti al momento degli sbarchi, nella località che ospiterà il G7.

La stessa fonte spiega, però, che la direttiva dà la possibilità alle autorità di garantire il supporto a chi opera in mare: “Le barche con a bordo i migranti – spiega – Hanno a disposizione numerosi porti calabresi, campani, pugliesi e anche sardi dove poter attraccare e trasferire chi è stato soccorso (sotto il coordinamento del Centro di coordinamento del soccorso marittimo, ndr). Il Ministero ha studiato la situazione e ha stabilito che ci sono le condizioni e le strutture per poter rinunciare, per pochi giorni, ai porti siciliani”. La Sicilia, però, è la Regione più vicina alle aree del Mediterraneo centrale attraversate dalle rotte migratorie che partono, nella maggior parte dei casi, dai porti della Libia occidentale. Per questo, lo stop agli approdi potrebbe allungare i tempi di trasferimento dei profughi sulla terra ferma e, quindi, rallentare gli interventi di salvataggio. Questo in un mese, maggio, che secondo i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) sta registrando il record di sbarchi nel 2017, con 9.472 arrivi nei primi 16 giorni. “Il rischio è stato calcolato – continuano dal Ministero – Non lasceremo le persone alla deriva e, se fosse necessario, abbiamo la possibilità di riaprire i porti di Lampedusa, Trapani e Agrigento che sono più distanti da Taormina”. La situazione, quindi, “non si complicherà perché i porti disponibili sono molti e ben attrezzati”.

In attesa di sperimentare sulla propria pelle e sulla propria attività le conseguenze della direttiva ministeriale, il responsabile di Sea Watch manifesta maggiori preoccupazioni. “Nello specifico della nostra attività – spiega – non credo ci saranno molti cambiamenti perché il nostro compito è il primo soccorso, dei trasferimenti si occupano altre imbarcazioni. Ciò che ci preoccupa, però, è che già adesso lavoriamo spesso in situazioni estreme: quando soccorriamo imbarcazioni con molte persone a bordo o più di una di queste barche, i nostri piccoli mezzi si riempiono velocemente. Già in passato è capitato di attendere 57 ore l’arrivo dei soccorsi con la barca piena di persone”. Il responsabile della ong spiega che i loro due mezzi possono trasportare un massimo di 300 persone, oltre ai circa 60 membri dell’equipaggio, e che una lunga permanenza in mare a pieno carico li espone a grandi rischi, difficoltà e impedisce loro di continuare le operazioni di salvataggio. “Se il blocco dei porti siciliani dovesse portare a situazioni come quella che ho descritto, con attese che si protraggono per giorni, si creerebbero grandi problemi – conclude Grafmanns –  Le nostre piccole barche non hanno così tante riserve di cibo e acqua, se veniamo lasciati soli non possiamo gestire la situazione a bordo. Inoltre, questo ci impedirebbe di continuare il nostro lavoro, con conseguente violazione del diritto internazionale marittimo. Questo dice che ‘ogni capitano ha l’obbligo di offrire soccorso a chiunque si trovi in una situazione di difficoltà in mare, indipendentemente dalla nazionalità, lo status o le circostanze in cui lo si trova”.

Twitter: @GianniRosini 

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