Cambiare i trattati. Rinnovare l’asse franco-tedesco. Fondare una Europa “meno burocratica e più protettiva“. E poi un impegno rinnovato nella sicurezza dei confini, e nella difesa degli “operai che perdono il lavoro”. Parole e musica di Emmanuel Macron e Angela Merkel. A Berlino per la sua prima visita all’estero (come da tradizione il capo del governo tedesco), il neo-presidente della Repubblica francese ha rispettato tutte le previsioni della vigilia. Bisognava dare un messaggio, e il messaggio è arrivato: questa Unione Europea in profonda crisi d’identità e percepita come lontana dai bisogni dei suoi cittadini va cambiata: “Il nostro dovere è quello di organizzare un atto di rifondazione dell’Unione europea”, ha detto il capo dell’Eliseo. Per ora solo parole, ovviamente, una promessa da establishment.

La notizia è arrivata nella conferenza stampa seguita all’incontro, durato un’ora e mezza. Rispondendo a una domanda su future trasformazioni istituzionali, incluso un budget per l’eurozona, Merkel ha risposto: “Dalla prospettiva tedesca si può immaginare una modifica dei trattati se ha senso, per rafforzare l’eurozona”. Ma prima, è la conditio sine qua non, bisogna intendersi “su cosa” si voglia fare. “La modifica dei trattati era un tabù francese. Per me non lo è”, ha risposto il leader di En Marche!, arrivato alla guida del Paese – oltre che grazie al voto di quella rilevante parte dell’elettorato spaventato da un possibile approdo del Front National al governo – con la promessa di cambiare le istituzioni di Bruxelles.

Una cosa non cambierà: l’asse Parigi Berlino non cadrà, anzi si rinnova e si rafforza. Sempre allo scopo, dicono, di rinnovare l’Unione “in un momento critico per l’Europa”: “Gli interessi della Germania sono legati a quelli della Francia. La Germania sta bene se l’Europa sta bene, e l’Europa sta bene se la Francia è forte – ha detto la Merkel durante la conferenza – abbiamo parlato di 3 temi attuali: le direttive sui rimpatri e le richieste di asilo, la reciprocità nei rapporti commerciali, i posti di lavoro nei nostri Paesi”. Con Macron “vogliamo andare avanti in modo dinamico, con un consiglio dei ministri tedesco-francese per presentare progetti bilaterali. A medio termine abbiamo previsto una road map da sviluppare con il tempo”, ha concluso la cancelliera. Una Merkel da grandi occasioni, che ha citato (e rivisitato) addirittura Hermann Hesse: “Ogni inizio ha una magia”, ha detto commentando i molti manifesti di giovani europeisti che hanno inneggiato al presidente francese davanti alla sua sede di governo. “Ma la magia non dura senza risultati”, ha avvertito subito dopo.

Macron, da parte sua, ha detto di “credere nel libero mercato” ma ha anche sollecitato un’Europa che “protegga meglio (cittadini e imprese, ndr) e con meno ingenuità” denunciando che “oggi l’Europa difende meno bene le sue imprese di quanto non lo facciano gli Stati Uniti“. Un messaggio protezionistico di chiaro stampo “trumpiano”, quello del neo-presidente, che ha citato “gli operai che perdono il lavoro non perché non sono competitivi, ma perché sono attaccati da imprese estere” che fanno dumping.

Il messaggio è chiaro: “Sono qui a Berlino, felice di rappresentare la Francia, ma ho un compito difficile: quello di risolvere i dubbi dei nostri cittadini. Non ho dimenticato il voto di chi è arrabbiato“, ha detto il presidente francese – che ha nominato primo ministro il conservatore Edouard Philippe e che sta preparando per i prossimi giorni anche un incontro con Paolo Gentiloni – ribadendo le parole pronunciate sulla piazza del Louvre la sera della vittoria delle elezioni e spiegando di aver chiesto a Merkel “di aiutarmi a mettere in campo le riforme di cui la Francia ha bisogno in campo sociale ed economico”, che “ho promesso in campagna elettorale” e devono essere realizzate “non perché l’Europa ce lo chiede, ma perché la Francia ne ha bisogno”. Tra i progetti bilaterali nell’agenda dei due leader c’è “la cooperazione in materia economica e fiscale” ma anche in materia di “sicurezza dei confini e politica internazionale”.

C’è anche spazio per un richiamo agli investimenti che servono all’Europa, con conseguente stilettata a chi quegli investimenti li ha promessi senza mantenere la parola: “Il piano Juncker non ha soldi freschi. Quello di cui abbiamo bisogno sono soldi freschi – ha sibilato Macron – quello di cui ha particolarmente bisogno l’eurozona è una politica determinata di investimenti, privati e pubblici. Dobbiamo portare nuovi soldi freschi, per avere mezzi nel bilancio.Questo comporta convergenze, regole, riforme strutturali vere. E questo è l’obiettivo per il quale lavoriamo nel nostro piano”.

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