Detto, fatto. Il 3 aprile il re del Bahrain aveva ratificato l’emendamento alla Costituzione per aprire la strada ai processi in corte marziale contro i civili ed ecco, il 9 maggio, la prima decisione dell’ufficio del procuratore generale. Di fronte a un tribunale militare andrà Fadhel Sayed Abbas Hasan Radhi.

Fadhel Radhi è stato arrestato il 29 settembre 2016 nella sua abitazione di Hamad Town, a sud-ovest della capitale Manama. Per oltre sette mesi è stato isolato dal mondo esterno, salvo qualche sporadica e breve telefonata ai familiari. Privo di assistenza legale, è stato sottoposto a ripetuti interrogatori nel corso dei quali, ha raccontato, è stato costretto a firmare una “confessione” che rischia di essere usata come prova durante il processo. Per non si sa quali capi d’accusa, dato che il suo avvocato (ora ne ha uno) non ha ricevuto alcuna informazione in merito.

Il prossimo imputato a finire in corte marziale potrebbe essere Al-Sayed Alawi Hussain al-Alawi, a sua volta “desaparecido” per oltre sei mesi dopo l’arresto, eseguito nell’ottobre 2016. Anche nella sua vicenda, non si sa di cosa sia accusato e se sia stata usata la tortura per strappargli qualche ammissione di colpevolezza. Inutile sottolineare che il diritto internazionale vieta che gli imputati civili siano processati dai tribunali militari. Di queste e altre norme, forte della protezione politica di Usa e Regno Unito, il Bahrain ha mostrato ampiamente di disinteressarsi.

Calendario della settimana: venerdì 19 è prevista l’ennesima udienza per Nabil Rajab, che rischia fino a 15 anni di carcere per i suoi tweet.

Sabato 20 maggio, al Salone off di Torino, verrà presentato il primo libro edito in Italia sul Bahrain. L’autrice è Adriana Fara, la prefazione è mia. L’appuntamento è alle 17 alla Cascina Roccafranca, via Rubino 45.

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