Mio figlio sta facendo la sua tesi di laurea e mi ha chiesto se conoscevo un tipo di analisi statistica. Sono 30 anni che non mi occupo di questo argomento, per cui ho dovuto fare uno sforzo per cercare di fare mente locale. Effettivamente, avevo un libro su cui mi ero impratichito. Ma dov’era? Tra la casa e lo studio ho diverse librerie. In una ci sono i libri di letteratura, prevalentemente di mia moglie, in un’altra quelli di medicina e infine quelli di psicologia e psichiatria. Nel tempo però si è stratificata una certa confusione per cui ho dovuto scartabellare e riguardare un po’ scaffali per trovare quello di statistica. Mentre spostavo i vari libri mi meravigliavo perché diversi di questi non ricordavo neanche di possederli e addirittura in certi casi di averli letti. Se li aprivo però mi tornava alla memoria il loro contenuto.

Quando finalmente ho trovato il libro di statistica e l’ho aperto mi sono venute in mente una miriade di sensazioni familiari. Quell’annotazione e sottolineatura, quell’appunto scritto a margine me li ricordavo e soprattutto mi è tornato in mente cosa fosse la deviazione standard, il livello di significatività, la varianza e il coefficiente di correlazione per ranghi di Spearman. Ho poi ricordato che in un vecchio computer avevo un programma statistico chiamato in sigla Spss che avevo usato parecchie volte. Miracolo! Il computer, a dispetto degli anni, funziona ancora e mi è subito risultato familiare.

Questo episodio mi ha fatto riflettere sui meccanismi della memoria e dell’amnesia.

Sapere di non sapere, per Socrate era l’espressione della conoscenza. Il contrario, “Non sapere di sapere”, è il modo con cui la nostra mente si protegge da una selva di conoscenze che paradossalmente con la loro mole enorme provocherebbero eccesso, confusione e ci schiaccerebbero. Ricordare presenta una difficoltà molto inferiore rispetto al dimenticare. La cosa più difficoltosa è selezionare ciò che è importante rispetto a ciò che è futile e riuscire ad allontanare quelle nozioni e quei ricordi che non sono utili per la nostra vita. A ben vedere, anche molti trattamenti psicoterapici vertono sulla possibilità di ricostruire la conoscenza di noi stessi per scoprire che abbiamo scartato tanti elementi positivi, che ci potevano allietare, per rimanere attaccati a ciò che ci ha distrutto l’esistenza riproducendo, in una “coazione a ripetere prolungata”, sempre gli stessi errori.

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