A Lucca uno psichiatra ha rifiutato la consulenza a una donna che voleva sottoporsi a un aborto terapeutico. Un caso senza precedenti. La 194 prevede l’interruzione volontaria della gravidanza entro 90 giorni ed estende il termine: “Quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna e  quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”. In questo caso è prevista la consulenza con uno psichiatra per poi procedere all’intervento di aborto terapeutico.

Sono anni che in barba alle continue denunce sull’aumento dell’obiezione di coscienza che in  alcune regioni è arrivata all’ 80%  (o persino 90%) e come media nazionale si attesta oltre il  70%, il Governo fa orecchie da mercante e  risponde che la percentuale dei ginecologi per effettuare le ivg (interruzioni volontarie di gravidanza) nelle strutture ospedaliere italiane è più che sufficiente perché gli aborti sono in calo.

Non viene fatta però nessuna verifica sui dati per capire se il calo degli aborti nelle strutture pubbliche sia causato, almeno in parte, dall’elevato numero di obiettori e non sia in  aumento l’aborto clandestino. I racconti drammatici delle donne che devono spostarsi da una regione all’altra per sottoporsi a ivg (quando non vanno all’estero) o peregrinare tra strutture ospedaliere con l’angoscia dei giorni che passano senza che sia fissata la data dell’intervento per l’obiezione di intere strutture, restano del tutto ignorate. Le loro testimonianze  sono messe a tacere sotto la parola d’ordine: “Va tutto bene” o addirittura dichiarando che è tutto “falso”.

Così è accaduto con la donna che in Veneto ha contattato ben 23 ospedali prima di riuscire a fissare l’ivg con la sicurezza che l’intervento venisse fatto entro i termini di legge. La procura aveva aperto un’indagine poi archiviata. La Cgil che ha sempre sostento con forza la testimonianza della donna continua a confermarla anche dopo che la procura ha archiviato il caso. Alessandra Stivali segretaria provinciale della Cgil di Padova mi dice “non siamo stupite dell’archiviazione, del resto nemmeno la donna aveva sporto denuncia penale perché la questione non è penale ma politica e rivela un problema“, poi mi parla del problema dell’applicazione della legge 194 in Veneto: “A noi risulta che la signora abbia contattato 23 strutture precise, invece delle dieci come ha dichiarato l’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto, e anche la Procura. Non vogliamo che si metta una pietra sopra alle difficoltà di una donna e si dica che sia falsa la sua testimonianza sui giorni di angoscia che ha vissuto. Il tempo scivolava via e le strutture che lei contattava continuavano a dire dei no. Hanno detto che l’ospedale di Padova aveva già fissato un appuntamento alla prima telefonata e quindi la scelta della donna di contattare altre strutture sarebbe stata una sua libera decisione per anticipare i tempi? Ebbene la struttura padovana aveva fissato una data troppo avanti col rischio di superare i limiti per procedere legalmente all’aborto. Cosa farebbe qualunque donna in questa situazione se non attaccarsi al telefono per trovare altre strutture? La magistratura ha archiviato il caso perché alla fine la donna è riuscita ad abortire ma la legge va applicata senza che le donne debbano passare per il calvario dei pellegrinaggi, tra una struttura e un altra, con la spada di Damocle sulla testa del tempo che passa”.

In Veneto gli obiettori di coscienza sono il 76% ma in alcune strutture si raggiunge il 100%, sono numeri che rendono difficile applicare la 194 ed è inevitabile che  i tempi di attesa di allunghino. La regione infatti è agli ultimi posti per i tempi di attesa perché ci vogliono più di due settimane tra il rilascio dei documenti e l’intervento. Se a livello medio nazionale solo l’11,9% degli interventi avviene dopo tre settimane (la soglia critica è di due settimane) in Veneto si arriva al 23,8% e peggio fanno Umbria (24,3%) e Calabria (24,3%). L’assessore Luca Coletto, ha avviato due indagini sugli ospedali e sui consultori che svolgono attività di prevenzione e accompagnano le donne all’intervento e poi nel decorso post operatorio. I tagli fanno sì che il personale dei consultori diminuisca e venga inserito negli ospedali per razionalizzare le spese ma così, denuncia la Cgil, si eliminano le strutture che mantengono il contatto col territorio.

L’obiezione dello psichiatra in Toscana, il pellegrinaggio della donna in Veneto sono fatti che confermano che l’obiezione di coscienza va limitata e va garantita l’applicazione della 194 nel rispetto della legge, della salute e della dignità delle donne.

Il Comitato dei diritti umani dell’Onu alla fine di marzo aveva espresso preoccupazione per l’elevato numero di obiettori in Italia, ma Beatrice Lorenzin, ministra alla Sanità, tra il Fertility Day e proclami ideologici sul “destino procreativo della donna” non se ne cura. Nessuno al Governo se ne cura per questo è importante che le donne non stiano in silenzio e denuncino tempi lunghi di attesa e omissioni sull’applicazione della legge.

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