Una nuova sfilata di cittadini chiamati a riconoscere la loro calligrafia. Prosegue l’indagine della procura di Palermo sulle firme false depositate dal Movimento 5 Stelle alle amministrative di Palermo del 2012. Due settimane fa il procuratore aggiunto Dino Petralia e il sostituto Claudia Ferrari avevano già chiesto il rinvio a giudizio dei 14 indagati contestando il reato di falso e la violazione di una legge regionale del 1960 che recepisce il Testo unico nazionale in materia elettorale.

Prima che arrivi l’udienza davanti al giudice per l’indagine preliminare, però, gli investigatori vogliono blindare ulteriormente l’indagine. Per questo motivo la Digos ha convocando tutti i 1.500 cittadini che avrebbero sottoscritto la lista del M5s alle amministrative di cinque anni fa: l’obiettivo è fargli riconoscere la propria firma, che compare nei moduli consegnati per sostenere la lista dei pentastellati alle elezioni amministrative del 2012. All’inizio dell’indagine erano 400 i cittadini convocati in procura per verificare l’autenticità della propria calligrafia e la stragrande maggioranza non aveva riconosciuto la propria firma. Secondo l’accusa le sottoscrizioni erano state raccolte in moduli che però contenevano un errore formale nel luogo di nascita di uno dei candidati al consiglio comunale: per sanare l’errore gli attivisti pentastellati avrebbero ricopiato di proprio pugno tutte le firme raccolte in nuovi moduli corretti.

È per questo motivo che la procura ha chiesto il rinvio a giudizio degli indagati. Tra questi ci sono i deputati nazionali  Riccardo Nuti, che nel 2012 era candidato sindaco, e poi Giulia Di Vita e Claudia Mannino:  i tre parlamentari sono stati sospesi de imperio dal comitato dei probiviri del Movimento, dopo che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere davanti ai pm, rifiutando anche di lasciare agli inquirenti un campione della propria calligrafia. Dopo il rinvio a giudizio si sono anche sospesi dal gruppo parlamentare del M5s. 

La falsificazione materiale delle firme viene contestata a 11 indagati: si tratta Di Vita, Mannino, e gli attivista Samanta Busalacchi, Alice Pantaleone, Stefano Paradiso, Riccardo Ricciardi, Pietro Salvino, Tony Ferrara, Giuseppe Ippolito e gli stessi Ciaccio e La Rocca. Per Nuti, invece, non c’è la prova della commissione del falso materiale: all’ex capogruppo del M5s alla Camera, si imputa, invece, l’avere fatto uso delle sottoscrizioni ricopiate visto che era lui il candidato a sindaco dei pentastellati a Palermo nel 2012. Il tredicesimo indagato è il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello: per lui l’accusa è di avere dichiarato il falso affermando che erano state apposte in sua presenza firme che invece gli sarebbero state consegnate dai 5 Stelle. Reato di cui risponde in concorso con Francesco Menallo, avvocato ed ex attivista grillino che consegnò materialmente le firme al pubblico ufficiale per l’autenticazione.

Articolo Precedente

Strage di Bologna, chiesto il processo per l’ex Nar Gilberto Cavallini

next
Articolo Successivo

Ilva, no all’archiviazione per l’ex commissario Bondi e il successore Gnudi: nuove indagini sulla gestione dei rifiuti

next