La sala cinematografica è mia, e me la gestisco io. Non c’è inchiesta di Report che tenga. Il cinema Mexico di Milano è forse l’unico caso in Italia in cui il gestore di una monosala decide ciò che deve essere proiettato sul suo schermo. Sembra una sciocchezza, ma è invece la chiave di volta per capire il cul de sac in cui è finito il sistema cinematografico italiano soprattutto delle parti della cosiddetta area “indipendente”. Antonio Sancassani è quindi colui che ha alzato il ditino dicendo che “il re è nudo”. “Se il tuo film non fa parte di un gruppo di produzione/distribuzione nessuno te lo programma, perché l’esercente è legato per contratto alla programmazione che non prevede quel film”, spiega il proprietario del Mexico nel documentario che Michele Rho gli ha dedicato, Mexico! Un cinema alla riscossa in (qualche) sala da giovedì 4 maggio 2017.

Se non ci si ferma a riflettere un attimo non si capisce bene di cosa stiamo parlando. Il listino bloccato di titoli da proiettare in una sala è blindato in partenza dai distributori che spesso sono anche produttori, e talvolta perfino proprietari di sale, dinamica presente anche tra i cosiddetti indipendenti. L’esercente quindi compra un menù già preconfezionato e nulla può su cosa avere in sala. Sancassani, in sella in via Savona a Milano da oltre 30 anni, nel tempo si è comprato il suo cinema, e fin dall’inizio ha deciso di fare da sé. I film se li sceglie lui. E va proprio così. Basta telefonargli. Ti accordi, gli mandi un dvd o un link e lui decide quando tocca a te. Se va bene ti fai almeno due settimane di prima visione, se va “male” c’è comunque la finestra del lunedì.

Nei titoli di prima fascia non entri. Devi esplorare e trovare tra quei film che sulla carta sono considerati inferiori

Mexico! Un cinema alla riscossa rievoca uno dei casi fuori dall’ordinario che Sancassani ha estratto dal suo cilindro magico: Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti. Film autoprodotto e girato in Val Maira, rifiutato rigorosamente dal sistema distributivo italiano, che il primo giugno 2007 appare sullo schermo del Mexico. Ebbene, per chi questa leggenda non la conosce, il film di Diritti rimane in cartellone quasi due anni. Gli spettatori sono decine di migliaia. File lungo la strada. In giugno e luglio. Il regista bolognese ringrazia il cielo: “Meno male che venne rifiutato da tutti”. E Sancassani non è un pirla. Mica sta aperto per l’aria che tira. Il Mexico qualche euro lo guadagna e rilancia di continuo. Singolarità di una ragazza bionda di Manoel de Oliveira sta in cartellone cinque mesi e incassa quello che i listini bloccati di tutti i distributori non avevano pensato potesse fare. Anche se gestire il Mexico non è certo facile. Lo spiega lo stesso Sancassani, oggi settantenne, nel documentario: “Nei titoli di prima fascia non entri. Devi esplorare e trovare tra quei film che sulla carta sono considerati inferiori”. Uno “scouting” continuo. Roba che nemmeno un componente della commissione ministeriale che assegna i fondi pubblici. Il segreto del Mexico sta però lì, in quella miscela tra l’intuizione di un potenziale culturale/artistico e la possibile moltiplicazione degli incassi.

Provo ancora un’emozione fortissima quando in sala si spengono le luci e inizia il film

Michele Rho è molto attento ad inserire con cura la storia del Mexico all’interno della crisi delle monosale. E la sua ricostruzione, almeno per il territorio di Milano e provincia, è precisa e calzante. Mentre il President, il Cavour, il Corallo, l’Astra e il Pasquarolo chiudono, Sancassani resiste.È  un puntino rosso in mezzo a collant e hamburger, un vero ribelle controcorrente, in una città, e nello specifico in una zona di Milano, diventata parecchio modaiola. E ci sono andati in tanti, soprattutto stilisti di moda, a chiedere di rilevare la sua Rocky Horror House, ma Antonio che appare in foto e filmati anni ottanta, assieme ad Amelio e Soldini, quando ancora gestiva anche altre sale fuori Milano, tutto in giacca e cravatta d’ordinanza da imprenditore lombardo, non ha mai ceduto.

Già, perché in via Savona, il venerdì sera da oltre trent’anni procede indisturbata la serata dedicata allo storico musical di Jim Sharman. Con tanto di spettacoli live e riproposizione di diverse sequenze mentre il film scorre sullo schermo. Scopriamo infatti che Claudio Bisio ci esordì saltando e ballando i brani di Richard O’Brien, ma anche che la 20th Century Fox diede il permesso a Sancassani di stampare una copia pellicola esclusiva in dolby che ancora oggi viene proiettata e soprattutto lasciata già montata  su enormi rulli in cabina di proiezione del Mexico. Sancassani è così: intraprendenza lumbard e scintilla artistica, concreto padrun e amabile conoscitore del cinema e del mondo. Perché quando il ritratto di Rho diventa intimo e personale, Sancassani rivela il cuore di chi ha coraggio, un cuore tenero e malinconico, uno sguardo rivolto a quel padre che pensava per lui un lavoro più concreto come il cameriere e il cuoco, ma che non ha fatto in tempo a vedere che la testardaggine di suo figlio lo ha portato ad una indipendenza economica, invidiata e odiata da molti, amata e sospinta da molti di più.

“Ho accumulato quattro palanche per vivere tutti i giorni, ma vendere tutto e andare in riviera a contare i gabbiani non ne ho voglia”, spiega Sancassani che nel trapasso del rinnovo del locale parecchi anni fa, si è pure ammalato gravemente, e ha superato da supereroe anche questa. “Provo ancora un’emozione fortissima quando in sala si spengono le luci e inizia il film”. Lunga vita al Mexico e ad Antonio Sancassani. 

 

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