Un progetto per il risparmio energetico e la riduzione dell’impatto ambientale da 260 milioni in 10 anni, contestato (tra gli altri) dal Fondo Ambiente Italiano, Italia Nostra e da comitati ed esperti d’arte vari. Il motivo? L’illuminazione della Città Eterna che dal giallo introdotto nel 1980 torna al bianco. Una polemica così pressante, quella sollevata da chi si oppone al progetto Acea per l’installazione nel centro storico di Roma di oltre 22.000 lampade a led di ultima generazione, da spingere l’amministrazione capitolina, attraverso l’assessore all’Urbanistica Luca Montuori, ad aprire un tavolo operativo per studiare “accorgimenti per adottare la variazione di colore della luce che più si adatta ai diversi spazi pubblici”. La decisione della giunta Raggi di “riaprire il dibattito nell’interesse dei cittadini” è arrivata dopo che Repubblica ha pubblicato una lettera dell’ormai ex Soprintendente all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma, Margherita Eichberg – da mercoledì il suo ufficio è stato accorpato alla Soprintendenza al Colosseo e all’Area Archeologica di Roma, guidata da Francesco Prosperetti – dove si contestavano “scelte sbagliate per forma e colore”. Il centro storico di Roma (entro le Mura Aureliane) è stato riconosciuto patrimonio Unesco nel 1980.

IL PROGETTO DI ACEA E I RISPARMI – Il piano di sostituzione dei 186.000 corpi illuminanti presenti su tutto il territorio cittadino nasce nel 2012, durante l’amministrazione guidata da Gianni Alemanno, “in ottemperanza alla sigla dell’accordo di Kyoto sottoscritto dal Campidoglio già nel 2009”, viene concretizzata nel 2015 con Ignazio Marino e iniziata fattivamente nell’estate del 2016, a cavallo del passaggio di consegne fra il commissario Francesco Paolo Tronca e la sindaca Virginia Raggi, mettendo un freno alle polemiche sulla scarsa illuminazione in città (specie in periferia). Secondo i dati forniti da Acea e rintracciabili nel piano triennale redatto nel 2015 dalla Giunta Marino, a fronte di un investimento di 51 milioni di euro si calcola di ottenere risparmi per 26 milioni l’anno, ben 260 milioni in 10 anni, termine dopo il quale si dovrà procedere ad un prima manutenzione. Essendo la tecnologia led a basso impatto ambientale, Acea calcola di poter permettere alla città di Roma di risparmiare emissioni di Co2 per circa 35.000 tonnellate l’anno e 185.000 tonnellate di petrolio equivalente. Non è tutto. Le lampade fin qui utilizzate contenevano mercurio e dunque venivano considerate come “rifiuti speciali”: la società partecipata capitolina con questa operazione conta di risparmiare lo smaltimento di quasi 1 milione di fari. Prevista anche una differenza fra la periferia, dove sono state installate lampade da 3.900 kelvin, e il centro, dove la potenza sarà pari a 3.200 kelvin così da “non rendere la luce in centro un po’ più calda”.

LE CONTESTAZIONI DI AMBIENTALISTI E SOPRINTENDENZA – Nonostante l’indubbio miglioramento in termini di impatto ambientale ed economico, le nuove luci a led non piacciono perché “troppo bianche, accecanti”. A scatenare la controversia è stata Valentina Grilli, presidente del Fai per il Lazio, che il 30 marzo, sempre su Repubblica, ha affermato che “non si tratta di un semplice cambio di lampadine. A rischio c’è la bellezza di Roma, il fascino dei quartieri, il rispetto della sua storia e della città. I colori della notte della parte storica devono avere la dignità di una progettazione accurata”. La polemica è stata così raccolta anche dall’associazione Italia Nostra ed è arrivata perfino sulle colonne del New York Times, tutti con il medesimo argomento: Roma storicamente “è gialla” e “non è bianca”. Un appello è arrivato perfino da un gruppo di intellettuali, fra cui l’architetto Vezio De Lucia, l’archeologo Paolo Liverani, la storica dell’arte Silvia Danesi Squarzina, l’attrice Monica Guerritore e l’ex assessore alla cultura Giulia Rodano, che hanno parlato di “attentato alla luce notturna di Roma”. L’ultima reprimenda, dopo lo show su La7 dell’opinionista Vittorio Sgarbi, è giunta proprio dall’ex soprintendente Eichberg (la stessa dell’ipotesi di vincolo alle tribune dell’ippodromo di Tor di Valle) secondo cui “la Soprintendenza non è mai stata formalmente consultata, o invitata, a trattare il tema in una conferenza dei servizi”.

MA ROMA E’ DAVVERO STATA SEMPRE “GIALLA”? – In realtà, quanto affermato dalla Eichberg viene smentito sia dall’assessorato capitolino alla Cultura, sia da Acea. Fonti del Campidoglio parlano di “un lavoro svolto in accordo con la Sovrintendenza capitolina e le Soprintendenze competenti”, affermazione confermata anche dalla società di piazzale Ostiense ma su cui la Sovrintendenza del Comune di Roma, guidata da Claudio Parisi Presicce, preferisce “non entrare nel merito”. “Sono stati effettuati sopralluoghi ai quali erano presenti le autorità competenti in Belle Arti e Paesaggio – spiega a Ilfattoquotidiano.it Paolo Fioroni, ex ad di Acea e presidente di Acea Illuminazione Pubblica – e tutto e’ stato visto e concordato. Tra l’altro, lo scorso anno abbiamo ricevuto numerosi apprezzamenti dopo la sostituzione delle lampade in via della Conciliazione, al colonnato di Bernini, sui ponti e a Fontana di Trevi”. Non solo: apparirebbe anti-storica la tesi di chi afferma che “la luce di Roma è gialla, calda”. “Le luci gialle – spiega ancora Fioroni – sono state installate a cavallo fra il 1980 e il 1982 e all’epoca furono fortemente contestate da Giulio Carlo Argan, che oltre ad essere stato uno dei più apprezzati sindaci di Roma, è stato una vera istituzione nel campo della critica d’arte. Il motivo è che per tutto il ‘900 la luce a Roma è stata bianca, fortissima, ancora di più di quella che stiamo installando oggi. E’ divenuta gialla soltanto dopo l’impiego di sorgenti a scarica al sodio”. Eppure la soprintendenza dice il contrario. “La soprintendenza ha la competenza per la luce monumentale – afferma ancora Fioroni – qui invece parliamo di luce funzionale. Altrimenti dovremmo contestare anche la luce che esce dalle finestre delle abitazioni, quelle dei fari delle macchine o, per assurdo, l’abbigliamento di chi si reca in centro”.

LA GUERRA DEGLI UFFICI – Come detto, l’assessore Montuori ha annunciato l’apertura di un tavolo per capire se il progetto ha la necessità di essere modificato. Piuttosto improbabile che si torni indietro sull’installazione dei led, tuttavia è possibile che si introduca qualche accorgimento in alcuni rioni – ad esempio a Monti – come l’apposizione di vetrini o plastiche colorate. Fatto sta che l’uscita di scena di Margherita Eichberg a vantaggio di Prosperetti apre nuovi scenari, sia sul fronte dei led sia del possibile vincolo di Tor di Valle rispetto al progetto dello Stadio della Roma. Nel caso specifico, poi, c’è da considerare che un eventuale stop al progetto led potrebbe spingere Acea a chiedere il risarcimento danni sia al Comune di Roma (attraverso i soci di minoranza) sia allo Stato. Il precedente è quello relativo al 2006, quando i gestori dei camion bar e gli urtisti del centro capitolino vincevano puntualmente i ricorsi contro i dislocamenti ordinato dalle lettere dell’ex Soprintendente, Ruggero Martines, in quanto si trattava di “espressione di pareri” che non avevano “competenze di merito”.

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