Se il Festival ha un Dopo festival, anche la fiction ha creato un nuovo indotto.

Davide Venturi

Il giovedì sera non si dorme. Come un ammazzacaffè che ubriaca e demolisce il sapore che lo ha preceduto, ecco il Dopo Fiction. Otto puntate, a cadenza settimanale nella seconda serata di Rai Uno. Così si presenta il nuovo programma: come una parodia che eleva e spiega l’oggetto parodiato. Ecco perché ho creduto in una semplice equazione: il Dopo fiction sta alla fiction italiana come Ultimo tango a Zagarol sta a quello a Parigi. Nettamente più intrigante il primo che il secondo. L’idea di Nino Frassica si presenta con una prepotente ondata di innovazione e allo stesso tempo con un profilo umile, capace di rinfrescare la seconda serata di Rai Uno. Per questo, caro Marra, ho aspettato 8 puntate prima di scriverti, perché minuto dopo minuto l’idea geniale è precipitata nel suo diventare programma tv. Avevo creduto in un format di critica, scanzonato e fuori tono come un Dopo festival di Savino, invece si è concretizzato in una reclame 2.0 sulla serialità italiana, troppo austero per Frassica e soprattutto molto monotono (scegli tu dove mettere l’accento) finendo in quel limbo di noia chiamato nazionalpopolare.

Resto comunque in attesa di un Dopo Fiction bis, che spinga l’acceleratore su quel lato circense, trash e maccheronicamente cialtrone della fiction italiana che tanto ha portato bene a Boris.

Riccardo Marra

E dai dai dai! Direbbe Renè Ferretti dopo aver letto la tua critica al Dopo Fiction, ma un “dai” non di incitamento, eh! Bensì di dissenso. Perché a Renè, sono sicuro, la trasmissione di Frassica e Insinna piacerebbe, quantomeno per ragioni cromatiche da smarmellamento di luci. Boris a parte (di cui magari scriveremo in futuro visto che si parla di una mitologica quarta serie), ti dico che il Dopo Fiction è, secondo me, invece una delle operazioni più intelligenti fatte da Rai Uno negli ultimi anni, e sufficientemente riuscita. Perché? Perché è un contenitore spensierato che accoglie gli ultimi bagliori di un pubblico sulla strada di Morfeo. Perché è comunque una macchia di colore improvvisa. Tu dici: “avevo creduto in un format di critica, scanzonato e fuori tono”. E io, dico, sei sicuro? Che la critica fosse la formula adatta per un 23:45 in coda a una fiction raiunoesca? Dici che il programma ti risulta monotono (l’accento lo metto sulla seconda ‘o’), e penso: sì, può piacere o meno, ma le incursioni di Luca Giurato, i finti e balordi uffici stampa, le interviste semiserie di Frassica e quelle più convenzionali agli attori, non lo rendono tale. Non lo rendono monòtono.

A me il Dopo Fiction ricorda un po’ un programma radiofonico “vario ed eventuale”. Un programma non dritto, ma a pois. Come le cravatte di Insinna.

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