C’è una parte della popolazione italiana invisibile: sono gli adulti autistici. Una volta terminato il percorso scolastico spariscono da ogni statistica perché non hanno la possibilità di frequentare l’università o di lavorare: “Troppe aziende preferiscono pagare la multa piuttosto che aprire le porte a un disabile come previsto dalla legge”, denuncia l’imprenditore Giovanni Coletti, papà di Martina e Roberta, gemelle di 27 anni, autistiche. Molti di questi giovani adulti vengono inghiottiti dalle strutture residenziali. Altri finiscono a trascorrere le loro giornate con mamma e papà. Finché ci sono. Genitori che si sono fatti una domanda e in qualche caso si sono dati una risposta concreta creando occupazione.

Roma, l’agriturismo nel cortile della scuola – E’ il caso di Maurizio Ferraro, padre di Chiara, 26 anni. “Con altri genitori ci siamo chiesti: che ne sarà dei nostri figli dopo le superiori? Di fronte a questa domanda ci siamo dati da fare in prima persona, senza aspettare lo Stato”. Per fortuna qualche volta si incontrano persone come Franco Sapia, che di mestiere fa il dirigente dell’Istituto tecnico agrario Garibaldi a Roma che oggi conta 150 diversamente abili iscritti tra cui una sessantina di autistici. Quando papà Maurizio bussa alla porta di questo preside trova un capo d’istituto, ma soprattutto un uomo che prova a trovare una soluzione per questi ragazzi. Sapia mette a loro disposizione tre ettari di terra e un casale di 180 metri quadrati all’interno della grande tenuta di pertinenza della scuola. Ferraro e gli altri si costituiscono prima in associazione poi, tre anni fa, decidono di trasformarsi nella cooperativa sociale integrata agricola Garibaldi. I fondatori sono dodici ragazzi autistici, i loro tutori, il dirigente della scuola, il presidente del consiglio d’istituto, il rappresentante degli studenti e il coordinatore del sostegno. “Oggi venticinque autistici tra i 23 e i 26 anni lavorano nei diversi settori che siamo in grado di offrire al territorio. Abbiamo un piccolo agriturismo, un’azienda agricola e la trattoria “Articolo 14” che si ispira al dispositivo della legge 328 del 2000 che prevede, per ogni individuo con disabilità, un percorso personalizzato e in grado di accompagnare le tappe principali della vita”, spiega Ferraro che è il presidente della cooperativa. I lavoratori si occupano delle pulizie e dell’ospitalità, della raccolta della verdura e della loro vendita, della cucina e dell’accoglienza dei turisti. Ma non solo. L’Istituto tecnico Garibaldi ha puntato tutto sull’inclusione reale. Una parte della terra a disposizione è stata data in adozione ai cittadini per fare l’orto: una reale integrazione tra la città e i giovani autistici. Ora c’è anche una serra fotovoltaica in grado di auto sostenere dal punto di vista energetico l’intero complesso. La filosofia è una sola: “La nostra macchina è lenta, ma produttiva: noi stiamo producendo ricchezza. Non stiamo chiedendo soldi, ma siamo partiti dalle nostre risorse umane e dagli investimenti delle famiglie nelle cooperativa”.

Torino, il prete che assume gli autistici e li trasforma in professionisti – Un concetto sul quale punta anche don Andrea Bonsignori, direttore del “Cottolengo” di Torino, membro della Fondazione italiana per l’autismo (che dal 27 marzo ha lanciato la campagna #SfidAutismo con la raccolta fondi via sms al 45541) e ideatore di “Chicco Cotto” un’impresa sociale nata in collaborazione con “Lavazza” che oggi offre un’opportunità di lavoro a giovani autistici che svolgono prima un percorso di formazione nella scuola “Cottolengo” finalizzato a dare loro gli strumenti per cercare lavoro ovunque. “Chicco Cotto” produce e gestisce macchine che distribuiscono acqua, caffè, snack in quaranta punti vendita. L’idea di fondo del prete è una: avere una realtà imprenditoriale che conquista fette di mercato “non perché ‘poverini’ ci lavorano i disabili, ma perché i nostri caricatori di macchinette sono i migliori al mondo. Sfido una qualunque azienda di vending a far competere un loro dipendente con un ragazzo autistico che tra le sue qualità ha quella di avere la mania dell’ordine”. Dove ci sono questi distributori automatici dietro ci sono ragazzi autistici che si occupano della manutenzione, del magazzino, ma anche della distribuzione andando loro stessi in giro per la città a caricare le macchine. Vanno in coppia come in qualunque altra azienda. “Voglio che la nostra realtà sia assolutamente normale: escono – spiega don Andrea – con un tutor coerente con la nostra filosofia ovvero ex detenuti, ma anche esodati o persone che sono uscite troppo presto dal mondo del lavoro. Basta con gli atti di carità, i disabili danno una grande opportunità ai normodotati”. Oltre alla “Chicco Cotto” è stata creata “Imbian Cotto” dove altri ragazzi lavorano come imbianchini e a giugno partirà anche “Meccano Cotto” che sarà un’officina meccanica. Ma sia chiaro: don Bonsignori non vuole più aiuti dal pubblico. “Stiamo guardando con molta apprensione – spiega il prete – i risultati della legge sull’impresa sociale perché non vogliamo più aiuti: noi dobbiamo avere una qualità tale da farcela con le nostre gambe. Siamo partiti con il sostegno di alcuni finanziatori ma ora dobbiamo essere in grado di auto sostenerci. Come cooperativa sociale in questo momento non posso fare utili ma solo diventando un’azienda vera riusciremo ad ampliare il business sociale”.

Trento, l’imprenditore controcorrente che assume autistici – Chi un’impresa ce l’ha e ha deciso di aprire le porte agli autistici è il cavalier Giovanni Coletti, presidente di “Tama Aernova”, una realtà industriale di Predaia in provincia di Trento che tra i lavoratori può contare su dipendenti autistici che ricevono una regolare busta paga. Coletti ha due figlie autistiche e ha deciso di dare l’esempio. Nell’azienda che produce filtri industriali i tre giovani sono inseriti nella filiera accanto a un tutor che si occupa di loro. Coletti si è preoccupato di dare una risposta non solo alle esigenze delle sue figlie, ma è andato oltre: ha creato la Fondazione Trentina per l’autismo e la cooperativa “Social Nos” che impiega un altro soggetto adulto autistico. E che ha da poco inaugurato a Coredo un centro specializzato che offrirà risposte ai bisogni dei soggetti con autismo e alle loro famiglie: uno spazio diurno con percorsi educativi individualizzati e uno residenziale di sollievo. Coletti ha realizzato il suo sogno, ma continua a tirare la giacca ai suoi colleghi imprenditori: “Un’impresa di software tedesca sta cercando 650 ragazzi autistici perché sono dei grandi calcolatori. La mia battaglia in Confindustria è questa: gli industriali devono aprire le loro realtà ai giovani autistici senza paura, con il giusto equilibrio, trovando le sinergie e le potenzialità di ognuno”. Di Coletti e di altre storie parlerà il film “Tommy e gli altri” realizzato dal giornalista di Radio24 Gianluca Nicoletti, padre di Tommaso, trasmesso su Sky: “Il film è nato perché voglio che la gente li veda. Gli autistici che tutti fanno finta di non vedere sono quelli grandi. Finché son piccoli sono carini, i neuropsichiatri dedicano loro un sacco di attenzioni ma quando diventano grandi restano di assoluto dominio dei genitori. Sto cercando di ottenere dal Comune di Roma un casale dove iniziare un progetto serio di scuola-lavoro: spero che vedendo “Tommy e gli altri” si decidano a darci questo luogo. Non c’è più tempo per aspettare”.

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