Sono spuntati un po’ a sorpresa quei video con protagonista il senatore Carlo Giovanardi (ex Ncd, ora nel movimento Idea), che non sapeva di essere ripreso. Al processo Aemilia, il più importante processo di mafia mai svoltosi in Emilia Romagna, iniziato già oltre un anno fa, martedì 28 marzo si parla della famiglia Bianchini. L’impresa edile di famiglia di San Felice sul Panaro, in provincia di Modena, è finita nell’inchiesta con l’accusa di avere fatto affari con la ‘ndrangheta emiliana. In particolare, quella con base a Reggio Emilia che i magistrati ritengono in legami strettissimi con la casa madre dei Grande Aracri di Cutro, in Calabria.

I video con Giovanardi (non indagato) sono stati registrati tra luglio e ottobre 2014 quando ancora non c’erano stati gli arresti e l’inchiesta Aemilia della Direzione distrettuale antimafia di Bologna non era venuta a galla. Durante l’udienza in tribunale a Reggio Emilia, il maresciallo dei carabinieri Emidio D’Agostino, testimone chiamato dai pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi, spiega che quei file sono stati ritrovati il 28 gennaio 2015, quando l’operazione Ae­milia sfociò in decine di arresti. Non è chiaro perché Alessandro Bianchini registrasse a insaputa degli interlocutori. Forse per una forma di tutela.

E qui bisogna spiegare un antefatto. La Bianchini Costruzioni, ditta leader nel settore edile in tutta l’Emilia Romagna e non solo, a metà 2013 era stata esclusa dalla white list della prefettura di Modena (la lista delle imprese autorizzate a lavorare negli appalti pubblici), proprio per i sospetti che avesse legami con uomini vicini alla ‘ndrangheta. Un danno enorme per una azienda impegnata pienamente nella ricostruzione dopo il sisma in Emilia del 2012. A quel punto Alessandro Bianchini – figlio del patron della ditta, Augusto (oggi imputato per concorso esterno in associazione mafiosa) – apre una sua azienda, la Ios. Secondo la Dda di Bologna, era solo un modo per aggirare l’interdittiva e provare a mantenere gli appalti che la Bianchini Costruzioni aveva perso. Ma anche fra il 2013 e il 2014 la Prefettura, che si avvale della collaborazione di tutte le forze di polizia, sospetta che in realtà dentro la Ios ci sia la partecipazione di Augusto Bianchini.

È in questo quadro che Alessandro Bianchini (imputato per intestazione fittizia di beni) è molto attivo per cercare di salvare la sua azienda. Il rischio (che poi si materializza) è infatti che anche la sua Ios venga esclusa dalla white list. I Bianchini per risolvere la questione coinvolgono uno dei parlamentari di riferimento della zona, il modenese Carlo Giovanardi. In un incontro in un bar il senatore, ignaro di essere registrato, spiega ad Alessandro e Augusto di avere parlato con l’allora prefetto e con l’allora questore (verosimilmente di Modena) e di avere chiesto ragioni del perché anche l’azienda di Alessandro Bianchini stia avendo dei problemi. Spiega di avere fatto una “rissa” intendendo di avere avere discusso animatamente con i suoi interlocutori istituzionali. Poi spiega ai Bianchini di essere pronto a fare tutti i passaggi parlamentari. Giovanardi non sa che i due sono già sotto inchiesta da parte della Dda di Bologna. A Prefetto e Questore avrebbe detto: “Se mi dimostrate che le persone con cui parlo io sono dei delinquenti, basta che me lo dite e buonanotte”.

Giovanardi non ha mai fatto mistero di difendere le aziende emiliane colpite da interdittiva antimafia, compresa la Bianchini. “Rivendico il diritto e il dovere, come parlamentare di aver svolto in passato e continuare a svolgere anche in futuro in Parlamento, una mia posizione critica sulla gestione in Emilia Romagna della white list”, disse alla stampa un anno fa quando trapelò anche una informativa dei Carabinieri che parlava probabilmente proprio di queste sue discussioni con la Prefettura risalenti al 2014. “Era mio dovere intervenire – aveva spiegato Giovanardi – poi mi fermo davanti alle inchieste penali perché le interdittive sono solo atti amministrativi”.

Ma che Giovanardi non fosse al corrente dei legami che sarebbero poi emersi dall’inchiesta, lo dimostrerebbe una seconda conversazione registrata nell’ottobre 2014, nell’ufficio del parlamentare. Il senatore, che è anche membro della Commissione parlamentare antimafia, spiega che si potrebbe fare un ultimo tentativo col Prefetto per far tornare a lavorare i Bianchini. Ma ai suoi interlocutori precisa che la cosa si può fare solo “se siete candidi come agnellini”. “Io sono candido e tranquillo”, spiega Alessandro Bianchini. Bruna Braga e Augusto Bianchini invece sembrano avere qualcosa da dire al senatore. Che ascolta il loro racconto dei rapporti con Giuseppe Giglio, oggi collaboratore di giustizia nel processo Aemilia, considerato dai pm un vero e proprio commercialista della cosca.

Altri video hanno suscitato scalpore in aula martedì. Quelli in cui Alessandro Bianchini nel 2014 parla con un funzionario in servizio alla Agenzia delle Dogane. In uno, risalente a giugno 2014, il funzionario rivela che la prefettura di Modena ha programmato per alcuni giorni dopo un controllo presso la sua sede: vogliono verificare se nella sua Ios c’entri ancora suo padre. Il controllo avverrà effettivamente il 19 giugno 2014. In un video successivo lo stesso funzionario, ancora registrato a sua insaputa, rivela ad Alessandro Bianchini i dettagli di una riunione della prefettura sempre sul conto della Ios. Spiega di potergli far leggere il verbale di una riunione: “Le faccio leggere ‘ste carte che sono proprio chiuse nella cassaforte del prefetto”.

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