L’Italia è affranta da innumerevoli problemi, quali l’enorme debito pubblico, la carenza di innovazione tecnologica e di investimenti, l’obsolescenza e carenza delle infrastrutture, l’ipertrofia legislativa e della burocrazia, l’evasione fiscale diffusa, la corruzione, i furbetti (più opportuno chiamali parassiti) di vario genere, le corporazioni fortissime che inibiscono qualsiasi riforma.

A giudicare però da ciò che si vede e si legge sui media e sui social, sembra che le priorità (almeno quelle percepite) siano altre e infatti, con qualche pregevole eccezione, i temi dibattuti con ferocia sono altri. Soprattutto i giornalisti, gli intrattenitori televisivi e i politici, anziché impegnarsi nel promuovere consapevolezza e opinione informata e nel mantenere aperto un dialogo costruttivo sui temi vitali, sembrano perseguire scopi del tutto personali e legati a convenienze di vario genere, dalla promozione dell’ultimo libro (magari attraverso compiacenti marchette televisive gentilmente offerte da colleghi) alla frenetica ricerca di audience e di incremento delle copie vendute, alla coltivazione di bacini elettorali ancorché disinformati o, peggio, volutamente fuorviati.

Mentre il buon senso inviterebbe a mantenere alta la pressione sull’esecutivo, sui legislatori, sugli amministratori, sul potere giudiziario e sugli altri organi di controllo affinché ciascuno dei problemi venga affrontato e risolto in modo organico, non passa giorno che non risuonino invettive tese a focalizzare l’attenzione su problemi di impatto marginale che così nell’immaginario collettivo vengono eletti a causa prima, rimossa la quale tutto potrebbe andare bene.

Così, per esempio, i vitalizi dei parlamentari (riformati radicalmente nel 2012, da allora la loro pensione sarà completamente contributiva) sono diventati il Problema.

Ovviamente il rapporto tra attività dei parlamentari e loro retribuzione è degno di attenzione, anche se sarebbe più importante pretendere presenza costante in aula e dimostrazione di capacità nel ruolo piuttosto che non risparmi sulle indennità e sui vitalizi, ma l’attenzione parossistica al vitalizio è assolutamente sproporzionata alla dimensione del problema e agli effetti benefici della sua revisione retroattiva.

Un eventuale ricalcolo contributivo anche di quelli maturati in tutte le legislazioni precedenti porterebbe a un risparmio pari a circa lo 0,02% della spesa sociale dello Stato (senza la sanità); una cifra ininfluente per qualsiasi intervento migliorativo; con il suo risparmio si potrebbero aumentare le pensioni inferiori a 750 €/mese di 48 centesimi di euro/mese.

Eppure l’argomento è quotidianamente al centro di un’attenzione smisurata, improntata evidentemente più all’identificazione un po’ pelosa di qualcuno da odiare che non a un effettivo beneficio. In questa identificazione del nemico da odiare e abbattere in nome della propria superiore purezza (del tutto presunta e abusata, alla resa dei fatti) eccellono i M5S i quali sin dall’origine l’hanno eletta a strategia elettorale con corredo di vaffa e insulti vari, il tutto supportato da un network di pagine Facebook, blog e siti quali Tze Tze e La Fucina (di proprietà della Casaleggio e associati) dove l’attacco personale è la regola, insieme alle liste di proscrizione di chi non è allineato (faccio formale domanda di arruolamento).

Il consenso si coltiva meglio indicando un nemico da detestare e abbattere che non addentrandosi in problemi complessi dei quali le soluzioni sono laboriose e quasi certamente ignote ai politici miracolati da una manciata di “enter”, i cui privilegi (perché anche loro ne hanno, come i pensionati retributivi, i magistrati, i dirigenti pubblici, i giornalisti, i tassisti, i farmacisti etc.) vengono accresciuti dal praticare sistematicamente la diffusione dello sdegno.

Poiché la strategia ha pagato in termini elettorali, in un circolo vizioso si sono inseriti i media, mascherati da comici satirici, da tribuni incalzanti (mono-direzionali) o da cronisti tutto d’un pezzo, che blandiscono le nuove forze elettorali e contribuiscono a radicare ancora di più il sistema dell’odio eterodiretto.

Persino gli avversari politici si sono allineati, facendo propri termini lessicali e obiettivi che sarebbero invece da ignorare o squalificare come meritano, con la conseguenza che in un crescendo parossistico sfumano i confini tra le varie forze politiche e l’attenzione dei cittadini è sempre più concentrata su materie di facciata mentre restano opache le intenzioni sui temi vitali.

Il rovescio della medaglia è che odio chiama odio, che il focalizzare l’attenzione su problemi marginali anziché su quelli esiziali preclude la soluzione di questi ultimi, che l’odio offusca la ragione e che la china della devastazione delle relazioni (basta navigare un po’ in internet per accorgersi dove siamo) è pericolosissima e molto ripida. I professionisti dell’incitamento, che dall’accendersi dei follower ritengono di avvantaggiarsi in termini di popolarità o voti elettorali o di distogliere così l’attenzione dai privilegi loro, potrebbero trovarsi in seguito a gestire un cumulo di macerie.

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