Giuliano Poletti e voucher, atto quarto. Adesso per il ministro era meglio “cancellare” la legge sui buoni lavoro per scriverne una migliore. L’attuale normativa fa infatti acqua da tutte le parti. Inutile quindi immaginare un semplice “ritocchino” che rischia solo “di portarci a una legge non fatta bene e ad un referendum (quello voluto dalla Cgil, ndr) che sarebbe diventato su voucher che non erano più quelli sui quali erano state raccolte le firme per l’abrogazione”. Meglio ricominciare da zero evitando così anche pericolosi“vuoti normativi”. Con l’ennesima giravolta sul tema, il ministro Poletti cambia quindi completamente opinione sulla legge sui buoni lavoro di cui, nel biennio 2014-2015, era fra i più vivi sostenitori. Fuori e dentro il parlamento Poletti non perdeva occasione per tessere le lodi dei voucher, strumento che riteneva essenziale per stanare il lavoro nero. Negava persino la necessità di correttivi e respingeva le istanze di riflessione sul tema che arrivavano dai banchi dell’opposizione (Sel e Cinque Stelle). Senza contare che non intravedeva minimamente il “girone infernale di precarietà” creato, secondo l’Inps, proprio dall’uso improprio e massiccio di voucher. Anzi, ne sosteneva l’uso innalzando la soglia massima di voucher (da 5mila a 7mila euro) che ogni lavoratore può ricevere in un anno.

Quando però l’ipotesi referendum della Cgil è diventata più concreta, Poletti non ha esitato a rimangiarsi tutto. Ha ammesso che forse sarebbe stato utile “qualche correttivo” per “evitare furbate”. Ed infine si è arreso rinnegando l’utilità della normativa e appellandosi all’esigenza di inquadrare meglio l’intero tema del lavoro occasionale. E’ “più saggio cancellare la vecchia legge, cercando di scriverne una più moderna e più adatta alla situazione attuale che tiene conto dei due quadri diversi: da una parte le famiglie e dall’altra le imprese” ha spiegato a Bologna in un incontro sull’alternanza scuola-lavoro all’Istituto Manfredi-Tanari. Il discorso non fa una piega se non fosse che il governo ha cambiato le carte in tavola dall’oggi al domani con un’operazione lampo che ha messo in difficoltà le aziende: le imprese che non potranno più usare i voucher, sono costrette ora a rifarsi i conti in tasca. Con quali strumenti? Per la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro sarebbe necessario un provvedimento ad hoc. In alternativa resterebbe l’opzione di lavoro intermittente e dei contratti di somministrazione. Ma dopo aver aboliti i voucher in tempi record, il governo prende tempo: “non stiamo ripensando ad un sistema voucher ma a come regolare complessivamente il tema del lavoro occasionale” ha concluso Poletti che sta “guardando all’Europa” per trovare nuovi spunti. Sempre che si riesca a trovare un’intesa con associazioni di imprese e lavoratori, sempre più preoccupati dalla programmazione di scarso respiro di un governo più attento alle esigenze della politica che non alle necessità di un sistema produttivo già fortemente provato dalla crisi.

Articolo Precedente

Voucher, la Germania insegna: sostituirli con i minijob rischia di essere la classica toppa che allarga il buco

next
Articolo Successivo

Poletti, l’ultima ai giovani: “Per trovare lavoro, è meglio giocare a calcetto che mandare cv”

next