Uno a uno i 27 leader europei hanno fatto il loro ingresso in Campidoglio per firmare la Dichiarazione di Roma, un testo per ridare slancio all’Europa a 60 anni dai Trattati. Il premier Gentiloni e la sindaca Raggi li hanno accolti dopo aver attraversato una città blindata, nella sala degli Orazi e Curiazi del Palazzo dei Conservatori, la stessa dove nel 1957 si riunirono sei rappresentanti dei Paesi fondatori. Siparietto Merkel-Raggi, la prima di bianco vestita e la seconda in teilleur blu. “Presumo sia la sindaca”, dice Merkel. Foto e sorrisi. Juncker si attarda coi cronisti e Gentiloni lo recupera per entrare. Piccoli strappi al protocollo di una giornata gonfia di molte attese e non pochi timori, per la sicurezza e per il rischio che quello slancio promesso in tutti i discorsi non abbia la forza di uscire dal palazzo. Ma questo è l’intento dichiarato nei discorsi che si sono susseguiti. Alle dieci del mattino la lunga e complessa cerimonia degli arrivi è conclusa, sono tutti dentro il Campidoglio per dare inizio alle celebrazioni dell’anniversario dei Trattati di Roma del 1957.

“È stato un viaggio di conquiste“, dice Gentiloni all’apertura della cerimonia, al cospetto del documento originale del Trattato. Poi rievoca la situazione dell’Europa sul finire della Seconda Guerra Mondiale, quando era “un continente che poteva contare su almeno 2500 anni di storia, ritornato di colpo all’anno zero”. Ma “prima ancora che la guerra finisse, reclusi in una piccola isola del Mediterraneo, due uomini, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, assieme ad altri, sognavano un futuro diverso. Un futuro senza guerre. Un futuro prospero. Un futuro di pace”.

“I padri fondatori – continua il premier – erano accomunati da una splendida ossessione: non dividere ma unire. E cooperare insieme per il bene. E loro si trovarono a compiere la scelta più antica, quella tra il bene e il male. Dopo due guerre mondiali, che rappresentavano il male, scelsero il bene”. La commemorazione serve quindi a celebrare “la tenacia e l’intelligenza dei nostri padri fondatori europei. E la prova visiva e incontestabile del successo di quella coraggiosa scelta la offre il colpo d’occhio di questa sala: eravamo sei sessant’anni fa, siamo 27 oggi. Non riesco a sfuggire al paragone con la generazione di chi firmò quei Trattati”.

Poi ancora degli accenni storici, dal crollo del Muro al terrorismo, dalla crisi nei paesi baltici alla crisi economica. E ammette che, di fronte a questo “mondo cambiato”, l’Europa si è “presentata con troppi ritardi” e si è “fermata“. Con grandi conseguenze: “Questo ha provocato una crisi di rigetto in una parte della nostra opinione pubblica, addirittura maggioritaria nel Regno Unito”. E conclude: “Il vero messaggio che dobbiamo dare è che abbiamo imparato la lezione e che l’Unione sceglie di ripartire perché sappiamo imparare dai nostri sbagli. Lunga vita alla nostra Unione europea”.

“Da quando è nata l’Unione europea – interviene Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo – il nostro Pil è cresciuto rispetto a quello americano, sono stati creati milioni di posti di lavoro. Ma dobbiamo completare questo grande cantiere e liberare il potenziale inespresso. Non siamo stanchi ma dobbiamo migliorare. Sono preoccupato per la crescente disaffezione. Servono cambiamenti profondi per dare risposte a chi non trova lavoro o a chi si sente minacciato dal terrorismo. Serve un’Europa concreta, dei fatti. Quella di oggi non deve essere una giornata di autocompiacimento ma un impegno politico concreto verso i cittadini”.

Poi l’intervento di Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, che al suo arrivo in Campidoglio già aveva predetto che “ci sarà un 100esimo anniversario dell’Unione”: “Noi siamo solo gli umili eredi e ci riuniamo nella stessa sala per ribadire gli intenti dei padri fondatori. Non per nostalgia, ma perché solo uniti potremo essere all’altezza delle sfide del mondo di oggi, potremo essere un’Europa che non si perde nei dettagli, che non perde la prospettiva. Le sfide di oggi sono più complesse e non paragonabili a quelle dei padri fondatori”. E dopo i discorsi è tempo della cerimonia delle firme, al termine della quale i 27 leader europei saranno ospiti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in Quirinale.

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