Chi ha lavorato assieme a lui per vent’anni non crede a quanto letto sui giornali o ascoltato in tv. “Certo, aveva un carattere esuberante, talvolta burbero, ma con i suoi pazienti era sempre disponibile”. Il giorno dopo l’arresto di Norberto Confalonieri, primario di Ortopedia e Traumatologia all’ospedale Pini di Milano, al Cto di viale Sarca i medici e gli infermieri che conoscono il luminare finito nella bufera, tratteggiano un ritratto diverso da quello che emerge dalle carte dell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato agli arresti domiciliari il 64enne, accusato di aver impiantato tra il 2012 e il 2015 protesi per anche e ginocchia prodotte da due multinazionali come la Johnson & Johnson (241) e la B.Braun (122) – su un totale di 458 – in cambio di soldi, regali, convegni pagati e un ritorno di immagine che gli avrebbe assicurato interventi privati nella clinica San Camillo dove lavorava.

Le accuse nei suoi confronti sono gravi: corruzione e turbativa d’asta. Non solo: già ieri i magistrati hanno fatto sequestrare dalla Guardia di Finanza 62 cartelle cliniche sospette per fare luce sulle presunte lesioni volontarie che il primario avrebbe provocato ad alcuni pazienti e per cui risulta indagato. Da parte sua intanto il medico fa sapere tramite il suo legale di respingere “in toto le accuse”. “Non so se abbia preso soldi per impiantare protesi di un’azienda piuttosto che di un’altra, se lo ha fatto ha sbagliato. Ma di sicuro non posso pensare che abbia procurato danni ai suoi assistiti – dice un suo collega – talvolta nel nostro lavoro ci sono delle complicazioni, ma ho visto persone che dopo l’operazione sono tornate da Confalonieri per baciargli la mano. Le pare che non lo avrei denunciato se avessi saputo che stava facendo del male ai pazienti?”. E le intercettazioni dove lo specialista raccontava di aver rotto il femore ad un’anziana per “esercitarsi”? “Al telefono si dicono tante cose, che devono però essere contestualizzate. Soprattutto bisogna capire il tono con cui vengono dette. Il dottor Confalonieri è un tipo dalla battuta facile”. Anche l’avvocato difensore Ivana Anomali è convinta che “gli stralci delle intercettazioni sono parziali e fuorvianti in quanto lette al di fuori del contesto”.

Tra i corridoi del Pini in molti sono pronti a giurare sulla sua innocenza. Si parla di “montatura”. Di “esagerazioni”. E le telefonate in cui ride mentre parla con un paziente che gli dice di essere finito sul lastrico e di volersi suicidare dopo un’operazione andata male? “Si sa che nel nostro lavoro c’è il rischio di diventare un po’ cinici, ma sulla sua professionalità non c’è nulla da obiettare”. Non tutti però la pensano così. “E’ una persona dai modi altezzosi e so che spesso si incazzava con alcuni dottori perché tentavano di applicare protesi diverse da quelle che voleva lui. Diceva sempre: ‘Ma chi si crede di essere lei? Ha uno stipendio solo grazie a me'”, racconta un’infermiera che come gli altri chiede di rimanere anonima per non incappare in provvedimenti disciplinari.

Al momento però queste restano voci, confidenze tra colleghi davanti a un caffè. Di sicuro tutti concordano su un fatto che i pm di Milano hanno scritto nero su bianco: il pioniere della chirurgia ortopedica computerizzata si dava da fare in sala operatoria. Secondo un’altra infermiera che non nasconde la stima nei confronti del medico, Confalonieri “in media faceva trenta interventi al mese, quasi uno al giorno”. Tanto che alcuni suoi colleghi scherzavano: “Non gli rimane che operare le renne”.

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