“Questo è il paese dell’8 settembre: con Alemanno le coop scoprivano il nonno fascista e con Marino il nonno comunista”. Salvatore Buzzi si avvia verso la conclusione della sua lunghissima deposizione. Cinque udienze, fino ad ora. Più di trenta ore di racconti, ricostruzioni, cifre divise tra “in chiaro” e “in nero”. Ma soprattutto una chiamata in causa di un’intera classe politica. Dalla destra, che aveva conosciuto negli anni ‘80 in carcere a Rebibbia, fino alla sinistra, la sua casa politica. Con in primo piano il Pd capitolino, anzi, l’intera sinistra romana, includendo anche parte dell’area più radicale.

Si parte con tre versamenti in nero. Cifre in fondo piccole, quasi irrisorie per un partito come il Pd, ma che pesano simbolicamente come macigni. “Il primo versamento era per le elezioni primarie del 2013 – racconta nell’udienza di mercoledì 15 marzo, poco prima della conclusione serale, Salvatore Buzzi – per le elezioni del segretario, comunale o provinciale, ora non ricordo. Giuntella e Cosentino ci chiesero di sostenere due candidati”, è l’esordio del Ras delle coop quando l’avvocato Santoro, suo legale insieme a Diddi, gli chiede di spiegare alcuni versamenti annotati sul registro sequestrato alla sua segretaria Nadia Cerrito. “Per votare dovevi iscriverti con 20 euro e poi pagare 2 euro; noi eravamo solo 4 iscritti nella 29 giugno e così portiamo a votare 220 persone dopo averle iscritte, gli abbiamo dato i 20 euro e pagato anche le ore di lavoro e i due euro. Ecco, 5000 euro la cifra totale. Funzionano così le primarie purtroppo”, spiega Salvatore Buzzi.

Il commissario della federazione romana del Pd, Matteo Orfini, replica secco: “Noi siamo stati ammessi come parte civile nel processo Mafia capitale e chiederemo a Buzzi, attraverso i nostri legali, chiarimenti su questi episodi, se sono realmente accaduti”. Il controesame dell’imputato è previsto per la prossima settimana e sarà il momento per riscontrare i racconti fatti durante l’interrogatorio: “Io non ho problemi – ha detto varie volte Salvatore Buzzi – nel controesame dimostrerò tutto”. “Sul 2013 – aggiunge intanto Orfini a ilfattoquotidiano.it – in effetti risultarono, dalle nostre verifiche, qualche migliaio di tessere inesistenti o fatte con modalità strane”. Dopo l’esplosione di ‘Mafia capitale’ il Pd controllò le iscrizioni, trovando diverse anomalie. Vi furono denunce alla Procura? “No, non abbiamo riscontrato notizie di reato in questo senso, nessun esposto venne inviato alla Procura”. La procedura di revisione degli elenchi dei tesserati fu dunque solo interna al partito. Il racconto di Salvatore Buzzi – che in buona parte era già noto – arriva alla vigilia delle primarie forse più delicate per il Partito democratico, dopo una scissione decisamente sofferta: “Oggi possiamo stare tranquilli – assicura Orfini – quest’anno per evitare meccanismi del genere abbiamo raddoppiato il costo della tessera per disincentivare l’acquisto dei pacchetti e in ogni circolo municipale il tesseramento è stato fatto come si faceva una volta, andando fisicamente in sezione”. E, secondo il commissario del Pd romano, gli iscritti sarebbero anche cresciuti: “Siamo a quota 10mila, tutti veri”.

I presunti versamenti in nero ai dem da parte delle cooperative coinvolte in Mafia capitale, però, non finivano qui. Nel registro della contabilità in nero sequestrato alla segretaria di Salvatore Buzzi c’è annotato un secondo versamento da 5000 euro il 28 novembre 2014, con beneficiario “Pd”. Appena due giorni prima degli arresti: “Questo è un contributo che mi fu chiesto per la convenzione di organizzazione del 28 e 29 novembre 2014 – ha raccontato in aula Buzzi -. Vengo avvicinato da D’Ausilio (all’epoca capogruppo del Pd in consiglio comunale, ndr), che mi dice ‘Ci puoi dare 5000 euro in nero, che abbiamo dei problemi con i fornitori?’. Il sabato vado, Cosentino mi disse anche ‘ti presento Pignatone’, io rifiutai. Mi è dispiaciuto non averlo salutato – ha aggiunto Buzzi – avrei voluto vedere la sua faccia, due giorni prima dell’esecuzione dei mandati di cattura”. Matteo Orfini su questo episodio non si sbilancia: “Certo che è paradossale… Ho verificato i bilanci, ovviamente di quei soldi non c’è traccia, d’altra parte Buzzi sostiene che erano in nero. Al momento del controesame chiederemo altri dettagli, cercheremo di capire meglio”.

Più complessa appare – dal punto di vista processuale – la posizione di Francesco D’Ausilio, ex capogruppo del Pd in consiglio comunale, all’epoca di Marino sindaco, e Mirko Coratti, presidente del consiglio comunale fino al 2014: “Mi chiesero 100mila euro per approvare il debito fuori bilancio”, ha dichiarato Buzzi nell’udienza del 16 marzo, dedicata alla ricostruzione dei rapporti con la politica durante la giunta di Ignazio Marino. “Non furono pagati – ha poi aggiunto – perché siamo stati arrestati”. Su queste accuse – respinte dagli interessati – la posizione del Pd appare al momento cauta: “Sono questioni interne al processo, deciderà la magistratura – commenta Matteo Orfini – e, per quanto ci riguarda, mi sembra di ricordare che D’Ausilio e Coratti si siano autosospesi dal partito”. Di certo il racconto di Buzzi descrive un sistema politico gravemente compromesso: “Su questo non ci sono dubbi – conclude Orfini – e penso che molti miei colleghi alla fine sottovalutino la situazione”.

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