La leva obbligatoria è stata abolita dodici anni fa, ma sembra che al ministero della Difesa e ai vertici delle strutture militari non se ne siano accorti. Nel trionfo della burocrazia e del formalismo, infatti, da dodici anni continuano ad essere stilate, ogni anno che passa, le liste di leva. Elenchi con centinaia di migliaia di nomi di coscritti virtuali, ragazzi che non andranno mai in una caserma, non imbracceranno un fucile e non vestiranno la divisa come accadeva, per obbligo di legge, fino al dicembre 2004. Paradossale, dispendiosa, ma soprattutto inutile, l’inarrestabile macchina da guerra continua a tenere una contabilità di soldati fantasmi. E quel che è peggio, scarica l’onere sui 7.981 Comuni italiani.

Entrate in un qualsiasi municipio e chiedete dell’Ufficio Leva. Vi indicheranno un locale, probabilmente contiguo o coincidente con l’Ufficio Anagrafe (dipende dalle dimensioni del Comune) dove si continua a combattere un’evanescente guerra senza soldati, anzi con marmittoni di carta. La legge ha eliminato la naja obbligatoria, non gli adempimenti. Che si sostanziano nello spulciare nomi, date di nascita e indirizzi, che vengono inseriti in un programma obsoleto che è stato fornito dall’Esercito. E così tutti i giovani in età (ipotetica) di chiamata alla leva sono schedati per formare un elenco che non serve a nulla.

Non si tratta di una bazzecola. L’ultima leva è quella del 2000, perché i ragazzi vanno iscritti al compimento del sedicesimo anno di età. In quell’anno in Italia nacquero 274.173 maschi (le femmine furono 258.355). Tutti sono stati inseriti nelle liste da un piccolo esercito di impiegati comunali. Ecco i numeri dei nati nel 2000, e quindi coscritti che non faranno mai il soldato: Piemonte 18.038, Valle d’Aosta 603, Lombardia 43.042, Trentino Alto Adige 5.367, Veneto 22.028, Friuli Venezia Giulia 4.801, Emilia Romagna 17.244, Liguria 5.868, Toscana 14.327, Umbria 3.374, Marche 6.509, Abruzzo 5.458, Molise 1.350, Lazio 24.367, Campania 33.942, Puglia 21.458, Basilicata 2.964, Calabria 9.795, Sicilia 26.664, Sardegna 6.974.

Ogni Ufficio leva deve completare gli elenchi subito dopo la fine dell’anno. Per quindici giorni, dall’1 al 15 febbraio, la lista viene esposta all’Albo Pretorio del Comune, per eventuali ricorsi. Ma chi ricorrerà mai contro un inserimento che non ha alcun effetto pratico? Entro la metà di aprile le liste vanno spedite al Comando Militare dell’Esercito competente per territorio. E così l’elenco smisurato prende corpo. Può essere usato in caso deprecabile di guerra? Gli addetti ai lavori spiegano che non serve perché in caso di richiami (fino a 45 anni di età) i cittadini italiani hanno spesso cambiato residenza e quindi non sono rintracciabili. Per la chiamata esistono altri mezzi. Si può obiettare che la prova della naja svolta può servire a fini di riscatto pensionistico, ma questo dato non si desume dalle liste di leva, bensì dal foglio di congedo che, in caso di smarrimento, può essere richiesto al Comando Militare.

Un impiegato di un capoluogo di provincia del Veneto ha spiegato a Il Gazzettino: “Usiamo il computer, ma forse a mano impiegheremmo meno tempo perché ogni nome, completo di generalità, deve essere inserito nel programma fornito dall’Esercito in modo macchinoso. Sarebbe molto più semplice estrarre dalla memoria l’anagrafe di tutti i nati dell’anno e trasferire il ‘file’ al comando militare. Invece sono costretto a un lavoraccio che mi porta a impiegare più o meno un quinto del mio tempo di lavoro di un anno”. In media un giorno alla settimana. Una burocrazia militare implacabile lo richiede, ma senza sapere cosa farsene degli elenchi dei nostri bravi ragazzi alle soglie della maggiore età.

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