Un pacchetto di cracker, una scatoletta di tonno e un barattolo di fagioli. E’ polemica in 99 scuole bolognesi dopo che il 10 marzo, a pranzo, 11mila bambini a Bologna, dai 3 ai 5 anni, si sono visti recapitare a tavola il cosiddetto menù di emergenza, al posto del consueto pasto caldo. “Uno spuntino triste”, per citare l’espressione usata da Francesca Carboni, mamma di Viola, iscritta alle Anna Serra, Plesso 1, “perché certo non possiamo definire tonno e fagioli un vero e proprio pasto”. A determinare la variazione nel menù scolastico è la vertenza in corso tra i lavoratori e i vertici della Gemeaz Elior, una delle due aziende che compongono Ribò, il gestore, cioè, del servizio di refezione scolastica del Comune di Bologna. Da tempo, infatti, il personale della Gemeaz è in stato di agitazione: “I continui errori nei cedolini paga, che determinano errate retribuzioni riguardo alle ore prestate in straordinario, alle tredicesime e alle quattordicesime mensilità, l’ammanco di giorni di ferie e di ore di permessi mai goduti, l’errata corresponsione delle spettanze relative agli scatti di anzianità – spiega la Filcams Cgil di Bologna – sono solo alcuni degli esempi che di mese in mese costringono i lavoratori a un meticoloso controllo dei cedolini e a continue richieste di recupero crediti”.

Così, l’8 marzo scorso il personale dell’azienda ha proclamato lo sciopero, e il 10 è stata organizzata una giornata di assemblea, con conseguente stop delle cucine. “Il problema – spiega Carboni, che è anche presidente del comitato genitori dell’istituto – non è la battaglia dei lavoratori, che possiamo capire benissimo, ma il poco preavviso concesso alle mamme e ai papà per organizzarsi”.

L’assemblea dei lavoratori Gemeaz, e il conseguente ricorso al menù di emergenza, infatti, sono stati comunicati ai genitori delle 99 scuole servite dall’azienda, su 171 totali, solo il giorno prima: “Un po’ poco per pensare a un’alternativa se si considera che, per regolamento del Comune, non è consentito ai bambini introdurre a scuola cibo che non provenga dal servizio di refezione. Tra l’altro, ironia della sorte, oggi ai bimbi tocca per merenda una mela, quindi nulla di sostanzioso. Capisco che se per un giorno restano digiuni non muore nessuno, però noi quel pasto lo paghiamo, ed è giusto che i bimbi possano consumare un pranzo quantomeno appetibile e soddisfacente”.

Mamme e papà, quindi, si sono già rivolti al Comune di Bologna e a Gemeaz: “Chiediamo che il pasto di oggi non venga addebitato alle famiglie, non sarebbe giusto, e in più vorremmo, in futuro, un maggiore preavviso e una deroga, in situazioni simili, al regolamento comunale: parliamo di bimbi piccoli, dai 3 ai 5 anni, quanti di loro non mangiano il pesce? Per non parlare delle intolleranze. Quantomeno che ai genitori venga data la possibilità di fornire ai propri figli un panino, o un pezzetto di pizza”.

La vertenza, infatti, è ancora in corso e non è escluso che prossimamente un altro stop delle cucine scolastiche possa verificarsi. “Siamo molto preoccupati — sottolinea anche il vicesindaco di Bologna e assessore alla Scuola Marilena Pillati — perché consideriamo questo servizio fondamentale per le famiglie, per i bambini e tutti coloro che vivono ogni giorno il mondo della scuola. Auspichiamo che si giunga al più presto a un accordo tra l’azienda e i lavoratori”.

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