Dall’ultima relazione dei nostri Servizi di Intelligence (qui il pdf) presentata il 27 febbraio in Parlamento, si è potuto constatare che i flussi finanziari di Daesh attraverso i circuiti informali dell’hawala, nonché con la complicità di uomini d’affari afghani e pakistani – hanno registrato, nei primi mesi del 2016, un trend in ascesa, cui ha corrisposto una progressiva contrazione di quelli diretti alle formazioni Taliban.

La parola “hawala” deriva dalla parola araba “HWL” che significa “cambiare” o “trasformare”. A volte è utilizzato anche come sinonimo di “fiducia”. Il sistema hawala è infatti basato sulla fiducia, in quanto è uno strumento che consente di trasferire denaro o beni. Nei paesi musulmani non arabi la parola è scritta come “hawallah”. Il trasferimento di denaro con il sistema hawala richiede l’intervento di un operatore hawaladar (broker) nella località di partenza e in quella di destinazione. I vantaggi di un tale sistema sono diversi: da una parte, esso permette di trasferire rapidamente denaro da una persona all’altra in un Paese straniero, indipendentemente dalla distanza. Dal momento in cui A entra in contatto con l’hawaladar X e gli consegna la somma richiesta, quest’ultimo dà l’ordine di versamento all’hawaladar Y (in genere, via mail, fax o per telefono), il quale si attiva subito per trasferire la relativa somma di denaro a B. Questo permette dunque di trasmettere dei fondi in regioni isolate nel giro di 24 ore. L’altro vantaggio sta nel fatto che utilizzando una rete hawala si evita qualsiasi forma di tassazione, sfuggendo così ai controlli statali. Una rete hawala garantisce un certo anonimato, le transazioni sfuggono alle regolamentazioni e la loro tracciabilità risulta inesistente.

L’interesse verso il crimine organizzato e il terrorismo può ovviamente produrre hawaladar specializzati in compensazioni di denaro contro armi, operazioni che ottimizzano il matrimonio fra interessi fondamentalisti e interessi strettamente criminali. Con il sistema degli hawaladar, quindi, decine di milioni di persone costituiscono veri e propri spazi offshore, con circuiti economici paralleli che sfuggono a ogni statistica e controllo. Un’intera economia offshore che muove, sotto banco, miliardi di euro. Lo stesso John Kerry definì il sistema hawala come “un sistema clandestino di trasferimento di denaro che consente alle persone di diversi Paesi di evitare il ricorso a bonifici bancari verso l’estero e di eludere le leggi finanziarie in materia”.

L’attività di finanziamento di Daesh risulta comunque segnata da due strategie: quella del money laundering, sicuramente la più conosciuta, basata sui proventi derivati dall’attività criminale, di seguito ripuliti per poi essere integrati nel mercato legale e quella del money dirting basata sulla raccolta illecita dei fondi da parte dei terroristi per poi occultare la finalità ultima dei vari movimenti di capitali ed impiegarli in attentati terroristici.

Nell’ultima relazione al Parlamento si legge inoltre: “Daesh in Iraq avrebbe continuato ad acquisire ingenti risorse finanziarie sia attraverso il contrabbando via terra, sia grazie alle contaminazioni con il circuito economico legale che gestisce l’export del greggio siriano e, soprattutto, iracheno e curdo, verso i mercati internazionali”.  La label jihadista di Daesh seppur ridimensionata sotto alcuni aspetti trova comunque facili modi per finanziarsi e sopravvivere in attesa di nuovi eventi. Il depotenziamento nel numero di uomini e le relative sconfitte sul terreno non hanno scalfito l’approvvigionamento delle risorse finanziarie soprattutto nei canali e strumenti utilizzati.

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