Nel giorno in cui il dj Fabo si fa accompagnare in una clinica in Svizzera da Marco Cappato per chiedere l’eutanasia dopo l’appello fatto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, si torna a parlare del tema del “fine-vita“. Per la prima volta nella storia italiana, il Parlamento il 4 marzo 2016 aveva iniziato il dibattito nelle commissioni Affari sociali e Giustizia della Camera, discutendo su proposte di legge (pdl) sull’eutanasia. Il confronto politico è rimasto però fermo da allora, a oltre 10 anni dal caso Welby. Dopo una seduta di appena 35 minuti nelle Commissioni riunite II e XII di Montecitorio, in cui hanno preso la parola i relatori Daniele Farina (SI-SEL) e Salvatore Capone (PD), il dibattito sul fine-vita è rimandato a data ancora da stabilire.

Mentre sta procedendo in modo più spedito l’approvazione del ddl sulle “Disposizioni anticipate di trattamento“, o biotestamento, che ha avuto il primo via libera dalla commissione Affari Sociali della Camera il 17 febbraio, pur con forti polemiche da parte dei fronte trasversale dei deputati di fede cattolica. Sono proprio loro ad equiparare alcuni aspetti del biotestamento ad una forma di eutanasia, anche se in realtà il ddl si propone di regolare un aspetto del fine-vita che riguarda le proprie volontà circa le cure mediche.

Cosa diversa sono, infatti, le sei le proposte di legge sull’eutanasia che dovrebbero costituire un futuro testo unificato: cinque sono d’iniziativa parlamentare, a prima firma Bechis (Misto – Alternativa libera), Di Salvo (Pd), Marzano (Misto), Mucci (Misto) e Nicchi (SI-SEL). A queste si aggiunge la proposta di legge di iniziativa popolare depositata il 13 settembre 2013, a seguito della raccolta firme di oltre 67mila cittadini organizzata dall’Associazione Luca Coscioni . A far parlare di sé è stata soprattutto quest’ultima. La proposta dell’Associazione prevede che per aver diritto all’eutanasia, la richiesta provenga da un paziente maggiorenne, affetto da una malattia che provoca gravi sofferenze e inguaribile, e che non si trovi in stato di incapacità di intendere e di volere. Inoltre il trattamento che porta all’eutanasia deve comunque rispettarne la dignità e non provocare sofferenze fisiche. La richiesta deve essere attuale e accertata, inoltre i parenti del paziente devono esserne informati.

L’urgenza di una legge in materia viene testimoniata da più fonti. I dati dell’Eurispes contenuti nel Rapporto Italia 2016 mostrano come il 60% degli italiani (+4,8% rispetto al 2015) sia favorevole a una legislazione sull’eutanasia. Quanto ai medici, quelli favorevoli (42%) al fine-vita superano i contrari (34%), secondo il Medscape Ethics Report 2014. Di fatto, per lasciare spazio al tema del biotestamento su cui l’accordo è sembrato essere più facile. Il testo sulle “Disposizioni anticipate di trattamento” approvato il 17 febbraio prevede che per per depositare le proprie disposizioni sul fine vita ci si dovrà rivolgere a un notaio o pubblico ufficiale ma sarà possibile farlo anche davanti a un medico del Servizio sanitario nazionale. Le volontà sono sempre revocabili ed ognuno, in particolare, potrà disporre il rifiuto dei trattamenti sanitari, incluse la nutrizione e l’idratazione artificiali.

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