Una denuncia contro truffatori e ciarlatani che fanno della salute solo un business e qualche consiglio su come ci si può difendere da pubblicità ingannevoli, malattie inventate e bufale che viaggiano sul web alla velocità della luce. Il libro Medicine e bugie di Salvo Di Grazia, chirurgo specialista in Ginecologia e Ostetricia, medico ospedaliero e fondatore del blog MedBunker ed edito da Chiarelettere è questo, ma è anche una difesa appassionata della ‘medicina’, quella vera. Che si basa su dati scientifici e non fa leva su paure, ricerca della malattia a tutti i costi e mancanza di informazione, molto diffusa quando si tratta di farmaci, formule ed effetti collaterali. Di Grazia riporta casi noti e meno noti di truffe, come quella della paroxetina, un antidepressivo. Uno scandalo che nel 2003 coinvolse la casa farmaceutica Gsk, accusata di aver manipolato i dati di uno studio sull’efficacia del farmaco nella cura della depressione giovanile. Non c’è solo questo però. L’altra faccia della medaglia è che i dati scientifici possono essere smentiti se non veritieri mentre, secondo il chirurgo, percorrendo strade alternative a quelle della medicina tradizionale si rischia di essere ingannati con ancora maggiore facilità. Il perché lo spiega a ilfattoquotidiano.it l’autore stesso.

medicina-e-bugieCome vivono oggi le persone il rapporto con le malattie?  
Spesso come un’ossessione, tanto che ormai siamo pronti anche a inventarle. C’è così poco tempo per noi stessi che qualsiasi disturbo diventa un problema insormontabile, da eliminare immediatamente. Si va dalla cellulite alla calvizie. Siamo convinti che anche se stiamo bene, dobbiamo fare qualcosa per stare meglio. Lo stesso principio per cui molte persone, ma solo in Italia, sono convinte che per digerire, non basti l’apparato preposto, ma ci voglia anche un bicchierino di liquore. Questo genera malati di salute che fanno la fortuna delle aziende farmaceutiche e dei ciarlatani. Basti pensare al business degli integratori: la maggioranza di quelli in vendita non serve a niente. Stesso discorso per altri ‘rimedi’ che tali non sono, ma che diventano una moda: dal pane nero ‘che fa bene’ alle collanine d’ambra per i denti dei bambini.

Da cosa ci si fa ingannare?
Dalla pubblicità, dalla poca consapevolezza e dalla mancanza di informazioni tecniche. D’altronde è difficile anche per i medici aggiornarsi di continuo.

Nel libro sottolinea che “senza le aziende farmaceutiche non avremmo nemmeno i disinfettanti per le ferite più banali o gli antibiotici”, ma c’è anche l’altra faccia della medaglia. Dalle donazioni interessate alle associazioni di malati, fino alla caccia ai nuovi farmaci, solo per continuare a incassare introiti alla scadenza del brevetto.
I brevetti su farmaci di successo assicurano alle aziende introiti da capogiro, ma alla loro scadenza altre società potranno produrre i generici che costeranno molto meno. Quindi le cause farmaceutiche, per non perdere una fetta di mercato, si preparano in tempo a far uscire sul mercato prodotti che abbiano le stesse identiche caratteristiche di quello precedente. Basta cambiare di pochissimo la molecola o, a scopo pubblicitario, affermare che l’effetto dura di più o che è adatto anche a pazienti di un’altra fascia di età. È un problema conosciuto, ma nonostante questo non ce n’è piena consapevolezza.

In che senso?
In molti casi le aziende non devono neppure preoccuparsi dei brevetti: molti pazienti (e altrettanti medici) continuano a preferire ‘quello griffato’ al generico. Siamo tutti un po’ pigri e se una persona si è trovata bene con un farmaco, tende a non abbandonarlo. Ci sono pazienti che giurano di trovarsi meglio rispetto a quello generico, anche se non c’è alcuna differenza. Si tratta di una spesa inutile di denaro, ma è un fenomeno tutto italiano.

Che certezze abbiamo davanti a un’azienda che occulta o manipola i dati di uno studio? Nel suo libro riporta anche il caso dell’antinfiammatorio Vioxx, prodotto dalla Merck e ritirato dal commercio nel settembre 2004.
Quando si scopre che il farmaco è frutto di frode scientifica, l’autorità deve intervenire, ritirare il farmaco e punire l’azienda. Caso diverso è quello dell’azienda che commette un errore, ma senza alcuna volontà.

Invece cosa accade?
Se si tratta di frode scientifica l’azienda viene multata, nel frattempo passano anni e anni e, quel pagamento è minimo rispetto ai guadagni ottenuti con la vendita di quel prodotto. Mentre truccare i dati è un reato da parte dell’azienda, che ne deve rispondere e a cui si può fare causa, se un ricercatore commette frode scientifica (che non è un reato) non va in carcere.

Allora perché affidarsi alla medicina?
Secondo il principio di falsificabilità, una teoria è scientifica solo se può essere falsificata, smentita. Uno scienziato ha credibilità se mette a disposizione i risultati della sua ricerca, affinché altri colleghi in tutto il mondo possano verificarli. Non è un caso se le truffe, alla fine, sono sempre scoperte da altri scienziati. È tipico dei ciarlatani, invece, fare affermazioni che nessuno possa smentire (e quindi controllare). Si pensi, in Italia, alla vicenda Stamina e al fatto che Davide Vannoni non ha mai pubblicato i suoi dati in una rivista scientifica, né li ha messi a disposizione. Questo aspetto, invece, insieme alla lunga lista di controlli che un farmaco deve superare prima di essere venduto dà garanzie di gran lunga maggiori rispetto a prodotti che possono essere messi sul mercato con procedure di approvazioni molto più semplici. In tutti i campi ci sono raggiri orditi dalla disonestà di qualcuno, ma non facciamo l’errore di lasciare una medicina, per qualcosa di più pericoloso.

Cos’è il business della natura? La sua posizione è netta: “La medicina alternativa non esiste”.
“Se ci ragioniamo tutto è naturale, anche il veleno di cobra, anche le radiazioni. Su molti prodotti noi leggiamo ‘succo naturale’ o ‘a base di sostanze naturali”, ma questo non significa eppure solo l’utilizzo di quel termine ci fa percepire che ci fa bene. Su questa erronea convinzione è stato costruito un business molto più fuori controllo rispetto a quello dell’industria farmaceutica per quanto possa apparire cinica e spietata. L’omeopatia, dal mio punto di vista, è l’esempio di come le aziende farmaceutiche si prendano gioco dei consumatori”.

Come diventare più consapevoli?
Una buona pratica sarebbe quella di controllare chi c’è dietro i risultati di una ricerca, perché se il risultato è che la pasta non fa ingrassare, a prescindere dalla veridicità o meno dei dati, è bene sapere se lo studio in questione sia stato finanziato da un’azienda che produce pasta. Non è detto che il dato sia falso, ma è bene avere tutte le informazioni, anche perché oggi è obbligatorio dichiarare chi ha sponsorizzato una ricerca. Un altro consiglio è quello di consultare il web in modo selettivo e considerare il fatto che centinaia di riviste scientifiche non sono neppure accreditate, che accettano di pubblicare qualsiasi cosa dietro pagamento.

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