Una perdita fino a 90 milioni di euro su 300 milioni di fatturato, la scomparsa di decine di piccole e medie aziende e migliaia di posti di lavoro in fumo. Questo lo scenario che si prospetta, secondo Omeoimprese, l’associazione che rappresenta i produttori di prodotti omeopatici, se non sarà prorogato a giugno 2018 il termine per la presentazione dei dossier per il rinnovo della registrazione dei prodotti in commercio da 30 anni. La legge di Stabilità 2015 (legge 190/2014) fissa infatti al 30 giugno 2017 il termine per la presentazione delle domande di rinnovo da parte delle aziende e al 31 dicembre 2018 quello per la permanenza sul mercato. Le aziende chiedono, dunque, la proroga di un anno della scadenza, ma ad oggi resta la contrarietà del Ministero. A nulla è servito un incontro tra l’associazione e i rappresentanti del dicastero guidato da Beatrice Lorenzin. E se fino a qualche giorno fa Giovanni Gorga, presidente di Omeoimprese chiedeva “o la proroga della scadenza a giugno 2018 in fase di conversione in legge del decreto Milleproroghe oppure una dichiarazione del governo, che motivi il diniego e la volontà esplicita di affossare il settore”, oggi la strada del Milleproroghe è chiusa.

LA DISCUSSIONE IN COMMISSIONE – La Commissione Affari Costituzionali del Senato ha concluso a inizio settimana l’esame del decreto legge, mentre è stato pubblicato il resoconto della seduta del 13 febbraio, nel corso della quale sono stati esaminati gli emendamenti relativi all’articolo 7. In quella seduta sono state respinte le proposte di modifica di Maurizio Romani (Misto-Idv) e Roberto Calderoli (Lega) e ritirate quelli di Andrea Mandelli (Fi-Pdl) e Giorgio Santini (Pd). Ieri, invece, sono stati accolti dal Governo, come raccomandazioni, tutti gli ordini del giorno presentati. In pratica l’esecutivo penserà a trovare una soluzione, ma nel frattempo sulla carta resta l’orientamento emerso in sede di discussione con il relatore Stefano Collina (Pd) che aveva espresso parere contrario sugli emendamenti bipartisan che puntavano alla proroga. Interpellato da ilfattoquotidiano.it a riguardo, il ministero della Salute fa sapere che ha dato parere negativo “perché la legge 190/2014 è in vigore da più di due anni e la scadenza cui si fa riferimento è stata oggetto già di una proroga in passato. Per questa ragione si ritiene che sia stato concesso tutto il tempo necessario per mettersi in regola e non sussistano elementi per una nuova proroga della scadenza”.

LA SCADENZA DA RISPETTARE – Il nodo del problema è l’iter per la presentazione dei dossier ad Aifa (Agenzia italiana del farmaco). “Il processo di registrazione si è finalmente avviato un anno e mezzo fa – spiega a ilfattoquotidiano.it Giovanni Gorga – ma l’elevatissimo numero di dossier e le difficoltà emerse per le caratteristiche proprie dell’omeopatia e le connesse differenze con l’allopatia, richiedono almeno un anno in più per arrivare all’obiettivo”. Le problematiche venute fuori in fase di predisposizione dei dossier hanno rallentato l’iter di registrazione ed ora i tempi sono davvero ristretti. Si parla di circa 13mila prodotti e, per ognuno, bisogna analizzare qualità, materie prime, tossicità e altre caratteristiche. “Al momento – aggiunge Gorga – all’Aifa sono stati inviati qualche centinaia di dossier, ma d’altro canto anche qualora arrivassero tutti, per l’agenzia sarebbe impossibile analizzarli entro la data di scadenza”. A riguardo dal ministero della Sanità ricordano che l’Aifa, il 26 gennaio, ha pubblicato un documento di domande e risposte frequenti proprio “per facilitare la compilazione dei dossier autorizzativi da parte delle aziende produttrici in vista della scadenza”.

A RISCHIO LE MEDIE E PICCOLE IMPRESE – I dossier, dunque, sono complessi e costosi e il problema si pone specialmente per quelle aziende di piccole dimensioni che potrebbero non essere in grado di “farsi carico di un simile lavoro senza penalizzare la produzione e gli investimenti”. Il rischio, secondo Gorga è che “le aziende taglino sui costi di produzione e che si passi da 13mila prodotti in commercio ad un massimo di 6mila”. Un problema, dunque, che va al di là del dibattito sull’efficacia dei prodotti omeopatici: “Si tratta di economia, della libertà di scelta di 8 milioni di italiani e di 4mila posti di lavoro”.

UN PO’ DI DATI – Secondo quanto emerso da un sondaggio affidato nel 2016 da Omeoimprese a Emg Acqua (oltre 2mila le interviste) 8 milioni di italiani utilizzano i farmaci omeopatici, che sono prescritti da 20mila medici. Un’indagine della Federazione medici pediatri, sempre in collaborazione con Omeoimprese, presentata lo scorso settembre rileva invece che quasi un pediatra su tre affianca, più o meno spesso, l’omeopatia alle cure farmacologiche tradizionali. Secondo la ricerca Fimp si ricorre a questi prodotti soprattutto per malattie delle vie respiratorie, gastroenteriti, allergie, disturbi del sonno. Altri i numeri secondo l’Istat, anche se l’indagine dell’Istituto nazionale di statistica scatta una fotografia del biennio 2012-2013, periodo nel quale, secondo lo studio, omeopatia e terapie non convenzionali sono state scelte da 4 milioni e 200mila persone e la prima è stata utilizzata dal 4,1% degli italiani.

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