Non ha aspettato che Virginia Raggi portasse a termine l’annunciata due diligence sul suo lavoro e sciogliesse la “riserva”. Poco dopo l’incontro tenuto nel pomeriggio in Campidoglio sullo stadio della Roma, che ha fatto segnare un deciso passa in avanti verso la realizzazione del progetto, Paolo Berdini ha lasciato la giunta a 5 stelle rassegnando le sue “dimissioni irrevocabili“. “Era mia intenzione servire la città mettendo a disposizione competenze e idee. Prendo atto che sono venute a mancare le condizioni per poter proseguire il mio lavoro. Mentre le periferie sprofondano in degrado senza fine e aumenta l’emergenza abitativa, l’unica preoccupazione sembra essere lo stadio della Roma“, scrive l’assessore all’Urbanistica nella nota in cui dà l’addio definitivo alla giunta M5S che dal 20 giugno 2016 guida l’amministrazione capitolina.

Al centro della frizione durata mesi tra Berdini e i 5 stelle c’è il progetto del nuovo impianto sportivo per il quale l’As Roma ha con il Campidoglio un accordo che risale al 2014: da una parte l’assessore all’Urbanistica, che chiedeva forti tagli alla parte commerciale del progetto in mancanza dei quali aveva sempre espresso una posizione contraria alla costruzione del nuovo impianto; dall’altro la giunta, intenzionata a costruire la struttura nell’area dell’ex ippodromo di Tor di Valle seppur dicendosi disponibile ad aprire una discussione sulla riduzione delle cubature. Oggetto del contendere il faraonico progetto della società di James Pallotta cui la giunta guidata da Ignazio Marino aveva dato il proprio assenso perché ritenuto “di interesse pubblico” e che il 3 marzo, a meno di colpi di scena, riceverà l’ok definitivo anche dall’amministrazione a 5 stelle. Alla quale l’assessore dimissionario rivolge ora il suo j’accuse: “Dovevamo riportare la città nella piena legalità e trasparenza delle decisioni urbanistiche, invece si continua sulla strada dell’urbanistica contrattata, che come è noto, ha provocato immensi danni a Roma“.

La certezza che l’addio fosse una mera questione di tempo era arrivata il 13 febbraio, quando Il Fatto Quotidiano pubblicava la lettera con la quale Berdini diceva la sua sul caso delle dichiarazioni attribuitegli da La Stampa riguardo alla sindaca Raggi. Il punto 10 della missiva annunciava in maniera inequivocabile ciò che poi è avvenuto: “Oggi, il M5S, se vuole, ha la grande opportunità di continuare l’azione fin qui intrapresa per far cambiare passo a Roma. Lo stadio di Tor di Valle è il banco di prova per fermare blocchi di potere che da sempre difendono la speculazione fondiaria e finanziaria a scapito dei diritti dei cittadini. Se la Raggi vuole fare questa battaglia mi troverà al suo fianco. In caso contrario, le mie dimissioni sono già sul suo tavolo”. Tradotto: io la faccia sullo stadio da un milione di metri cubi di cemento non la metto, o si tagliano le cubature o me ne vado. E così è stato.

Il casus belli che aveva dato il ‘la’ allo scontro con la giunta era scoppiato l’8 febbraio, giorno in cui La Stampa pubblicava un colloquio avvenuto tra un suo giornalista e l’assessore nel quale quest’ultimo esprimeva giudizi assai poco lusinghieri su Virginia Raggi: “È stato fatto un errore dopo l’altro”, “i grand commis dello Stato, che devo frequentare per dovere, lo vedono che è impreparata“, diceva Berdini arrivando a dare per scontato un legame sentimentale della sindaca con Salvatore Romeo, l’ex capo della segreteria del Campidoglio che alla presunta “amante” aveva intestato una polizza vita a sua insaputa. Per riparare Berdini chiedeva scusa e annunciava le sue dimissioni, che la Raggi accettava “con riserva” e che non mettevano a tacere le polemiche su un assessore così sprovveduto da non capire che stava regalando a un cronista virgolettati politicamente pesanti come macigni.

La notizia dell’addio di Berdini raggiunge la Raggi a margine del concerto organizzato dall’ambasciata italiana presso la Santa Sede per la ricorrenza dei Patti Lateranensi: “Adesso basta – scandisce la sindaca – abbiamo anche sorvolato sui pettegolezzi da bar, ora prendiamo atto che l’assessore preferisce continuare a fare polemiche piuttosto che lavorare. Noi andiamo avanti”. E l’immediato “avanti” è lo stadio dell’As Roma. L’intesa fra i presenti al tavolo riunito questo pomeriggio in Campidoglio (il capogruppo M5S, Paolo Ferrara, il presidente dell’Aula, Marcello De Vito, la presidente della commissione Urbanistica, Donatella Iorio da una parte; il direttore generale giallorosso Mauro Baldissoni e il costruttore Luca Parnasi dall’altra) è stata raggiunta.

“Vorrei ringraziare la Roma per aver risposto alle sollecitazione dell’amministrazione capitolina dopo la riunione della scorsa settimana presentando oggi una revisione del progetto che ha caratteri fortemente innovativi – ha detto ai giornalisti il vicesindaco Luca Bergamo al termine del vertice – i tavoli tecnici sono ancora al lavoro, faremo una valutazione di questa importante novità e ci siamo dati appuntamento per un ulteriore passaggio per la prossima settimana”. Un idillio fra società e comune confermato anche da un risposta sibillina di Bergamo che ha risposto così a chi gli domandava se dopo la riunione odierna lo stadio sia più vicino: “Quello che dovevamo dirvi ve lo abbiamo detto, mi pare abbastanza“. Una matrimonio che, visto anche l’addio di Berdini, attende solo il sigillo di Virginia Raggi. Che avoca a sé le deleghe all’Urbanistica e Infrastrutture e cui rimane il problema di trovare il nome adatto per sostituire il terzo assessore in 7 mesi.

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