Il caso degli scontri all’Università a Bologna continua a tenere banco tra polemiche sui social e tensioni, che non sono ancora finite. A rinfocolare la polemica – a cinque giorni dall’irruzione degli agenti in tenuta antisommossa nella biblioteca occupata della facoltà di Lettere di via Zamboni 36 e dalla guerriglia urbana che ne è seguita – è stato il sindaco Pd di Bologna, Virginio Merola. “Sono comportamenti violenti, da delinquenti. Mi fa piacere che finalmente il grosso degli studenti abbia preso le distanze da questa storia”, ha detto il primo cittadino intervistato da Radio 24. Merola ha anche condiviso la scelta del Rettore Francesco Ubertini, di fare entrare i poliziotti con scudi e manganelli nei locali dell’Ateneo: una scelta quanto meno insolita e rara nella storia delle università. Che sono considerate, per prassi, più tutelate rispetto agli interventi del potere al suo interno (e quindi anche della polizia). “A malincuore ha dato l’ok all’intervento. È la prima volta dopo tanti anni che la polizia entra all’Università, ma mi metto nei panni del Rettore”.

Da quel giorno il clamore non si è mai sopito, mentre le manifestazioni e anche gli scontri con la polizia, si sono ripetuti. Subito dopo i tafferugli di giovedì 9 febbraio infatti un gruppo di studenti si è apertamente dissociato dalle proteste del Cua con una petizione online su Change.org, che al momento ha raggiunto 8mila sottoscrizioni. Poi nelle ultime ore c’è stato il caso di Emilia Garuti, una studentessa che aveva raccontato sulla sua pagina Facebook la sua esperienza dentro la biblioteca e aveva giustificato l’installazione dei tornelli all’ingresso. Gli stessi tornelli che avevano scatenato la protesta e l’occupazione da parte del Cua: “Chi mi conosce potrà confermare che potete trovare poche persone più di sinistra di me, ma voi lì non c’eravate”, aveva scritto Emilia Garuti, che è dirigente locale del Partito democratico a livello locale. “Tutte le volte che abbiamo dovuto chiudere i bagni per giorni per disinfettarli completamente perché ci abbiamo trovato delle siringhe, voi non c’eravate. Quando per una rossa hanno spaccato la vetrina dell’area ristoro e abbiamo dovuto convivere per settimane con una ronda di guardie giurate armate e con pastori tedeschi, voi non c’eravate. Quando, solo perché volevo avvertire la malcapitata di uno scippo, sono stata inseguita fin dentro la biblioteca e minacciata di botte, voi non c’eravate”.

Il Cua, per tutta risposta, sulla sua pagina Facebook ha postato una foto della ragazza con una premessa: “Eccola”. Poi in una intervista alcuni militanti l’hanno definita “sciacalla” perché aveva portato a esempio il caso di una frequentatrice della biblioteca che si era trovata davanti un uomo a masturbarsi: “Quello era uno con il tesserino che sarebbe entrato pure con i tornelli”, hanno detto quelli del Cua. E sulla decisione di pubblicare la foto di Emilia Garuti si sono difesi: “L’immagine era già su tutti i giornali nelle interviste che ha rilasciato”. Tuttavia in tanti, soprattutto dentro al Pd, hanno preso le difese della studentessa e le polemiche non si sono placate.

Il caso tornelli – Ma ciò che desta più curiosità in questa vicenda, è che tutto sia nato dalla decisione, presa alcuni mesi fa dall’Ateneo, di installare i tornelli nella biblioteca con ingresso consentito con tesserino universitario. La biblioteca in questione è quella del numero 36 di via Zamboni, storica sede di Lettere, che secondo i programmi avrebbe dovuto ampliare i suoi orari di apertura sino alla mezzanotte. “Noi abbiamo bisogno di sapere chi c’è in biblioteca: il punto non è selezionare gli ingressi”, aveva detto il Rettore. L’obiettivo, secondo il racconto dell’Università, è quello di evitare furti, episodi di spaccio, visto che la zona universitaria è notoriamente un luogo dove piccolo spaccio e furti sono abbastanza comuni.

Da qui la protesta del Cua: “È stato utilizzato il tema dei furti, l’Università sta chiudendo i propri spazi, ma è un luogo pubblico e deve essere aperto a tutti anche a chi non è iscritto ma vuole venire a studiare”. Il Collettivo accusava l’Ateneo di volere rubare gli spazi alla socialità degli studenti. Dopo una raccolta di 600 firme, mercoledì 8 febbraio la protesta era quindi culminata nello smontaggio, da parte del Cua, dei tornelli. Il Rettore aveva così deciso di chiudere per un giorno tutto l’edificio. Il giorno dopo il Collettivo era comunque riuscito a infilarsi e aveva fatto entrare gli studenti nella biblioteca, chiedendo all’Università una trattativa. Ma questa non c’è stata. Al suo posto l’irruzione e con scudi e manganelli. Poi la guerriglia degli attivisti del Cua contro la polizia tra le strade medievali della zona universitaria, finita su tutti i tg nazionali.

Non è la prima che il Cua finisce in prima pagina per gli scontri con la forza pubblica. Il gruppo, che si rifà alla tradizione degli Autonomi degli anni ’70, ancora a novembre si era scontrato diverse volte con la polizia che presidiava la mensa. Le manifestazioni erano partite per chiedere un abbassamento dei prezzi dei pasti. Poco più di un anno fa ci fu poi la protesta in aula contro Angelo Panebianco, la cui lezione a Scienze politiche fu interrotta e il professore ed editorialista del Corriere fu accusato dai militanti del Cua di avere incitato a un intervento militare dell’Italia in Libia.

Mai tuttavia come per il caso dei tornelli la loro azione è stata criticata. Sulla loro pagina Facebook, oltre agli incitamenti a continuare nella lotta, sono comparsi anche altri commenti: “State manifestando per i tornelli? siete seri? il degrado che c’è in quella biblioteca è pauroso e i tornelli aiuterebbero a diminuirlo. Spiegami perché è sbagliato avere quei tornelli per favore”, scrive uno. “A mio avviso la vostra non è lotta, è una corrida tra voi e i poliziotti e voi siete il torero. Perché vi piace provocare il toro, vi piace lo scontro e se venite incornati passate per gli eroi e il toro per la bestia. Sia chiaro. A me la celere non piace, soprattutto dentro la mia Università. Ma neanche il vostro atteggiamento”.

Intanto l’azione di protesta del Cua non si ferma: dopo l’assemblea pubblica di martedì 14 alle 19, giovedì 16 manifestazione in contemporanea con quelle degli studenti di altre facoltà d’Italia. Obiettivo: niete polizia né tornelli al 36 di via Zamboni.

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