Non so voi, ma io la mattina, per accompagnare i bimbi a scuola in bici, faccio sempre più fatica a respirare. Trattengo il fiato, ma quando non ne posso più e ripiglio fiato, è il momento che un’auto mi sgasa davanti. E penso ai miei figli, ai piccoli polmoni dei bambini che respirano tutto questo smog. Le auto imperterrite ci passano davanti, nervose, pensando solo al lavoro, all’orario, agli impegni quotidiani. Abbiamo chiesto al comune di Faenza di mettere una sbarra, nella stradina laterale alla scuola, per far rispettare un divieto di transito mai rispettato dagli albori della scuola. La sbarra ora c’è, ma le auto possono passare davanti al cancello e il fumo ci avvolge. “Trattenete il fiato”, dico ai miei figli e ai bimbi del piedibus.

Non che i bimbi dentro agli abitacoli se la passino meglio. Una ricerca pubblicata nel 2004 certifica che dentro agli abitacoli si respirano concentrazioni di Ipa (idrocarburi policiclici aromatici) superiori che fuori. Ma tutti hanno fretta, ai polmoni ci penseremo domani.

Mi vedo di fronte un’immagine dei Barbapapà, in un libricino dei miei figli: gli uomini, a forza di inquinare, fanno diventare il mondo tutto grigio, si muovono rinchiusi dentro le auto, e respirano con mascherine e bombole di ossigeno.

Secondo il dossier di Legambiente, nei primi 25 giorni di gennaio sono ben 9 le città italiane che hanno registrato oltre 15 giorni di superamento del limite giornaliero previsto per il Pm10. Cremona (centralina Fatebenefratelli) con 20 giornate (il 60% di quelle consentite per tutto il 2017), Torino (Rebaudengo) con 19 e Frosinone (Scalo) con 18 giornate, sono le tre situazioni peggiori, seguite da Treviso, Padova, Vicenza e Reggio Emilia con 15 giorni di sforamento (il 40% del totale). A livello regionale, le regioni a cavallo della pianura padana sono quelle che hanno registrato le maggiori criticità.

In Emilia Romagna, regione pianeggiante, fornita di mezzi pubblici, dove andare in bici o in bus dovrebbe essere la norma, siamo sommersi da una cappa di smog: e non basterà la pioggia a risollevarla. Mercoledì 1 febbraio le centraline Arpae hanno registrato valori almeno 3 volte superiori al limite consentito; Bologna ha raggiunto una media sulle 24 ore di Pm10 pari a 247 microgrammi per metro cubo. Valori paragonabili a quelli di Pechino di questi stessi giorni, che solo la pioggia potrà abbassare, ma senza risolvere il problema strutturale. E’ un’emergenza sanitaria oltre che ambientale: è infatti ormai appurato che le punte di inquinamento sono in diretta relazione con impennate di disturbi respiratori.

In tutta Europa, lo smog causa 467 mila morti all’anno e costi sanitari associati quantificabili tra 400 e 900 miliardi di euro all’anno in Europa. Legambiente Emilia Romagna chiede l’intervento dell’assessore alla Sanità, per dettagliare i danni e i costi sanitari legati allo smog.

Sempre nel dossier Mal’Aria, Legambiente suggerisce alcune misure contro lo smog: ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città, creazione di zone 30 (dove imporre il limite di velocità massimo appunto di 30 km/h) con l’obiettivo finale di estendere questo limite all’interno di tutti i centri abitati, ampliare le aree pedonali, nei centri storici e intorno alle scuole; aumentare il verde urbano; implementare la mobilità sostenibile (bici, mezzi pubblici) e a emissioni zero (auto-bus elettrici); tenere fuori i diesel e i veicoli più inquinanti dalle città; istituire pedaggi (road pricing e ticket pricing); riqualificare gli edifici pubblici e privati; tenere bassi i riscaldamenti degli edifici, riscaldarsi senza inquinare; rafforzare controlli su emissioni auto, caldaie, edifici; intervenire su industrie e aree portuali.

Ma la più importante misura, e forse la più difficile da attuare, è quella di cambiare mentalità. Noi italiani siamo incollati all’auto con la mente e non solo. Vedo gente che prende l’auto per accompagnare i figlioletti a scuola, anche solo per fare 2 km, in pianura. Vedo gente che va al bar in auto, che va in palestra in auto. Vedo gente che in auto fa lo stesso tragitto, negli stessi orari, del treno e del bus. E dice (e si dice) che non ha scelta.

Non prendiamoci in giro: andare in auto, nella maggior parte dei casi, non è un obbligo. E’ una scelta di comodità, abitudine, pigrizia e menefreghismo. Azioniamo gambe e cervello. Smettiamola di rompere (a noi stessi e agli altri) i polmoni.

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