A volte le aziende chiudono e vanno all’estero. A volte. Non credo che sia segreto per nessuno che dall’inizio della crisi l’Italia è sotto pressione. Ora parliamo un attimo delle medie aziende, la famosa “M” nel pmi. Finché tutto andava bene, tutti contenti.

“Con la crisi che continua a mordere, con i conti bancari in rosso, con le banche che non ti danno più credito, i clienti che pagano quando possono e i fornitori strategici che ti bloccano le forniture se non paghi… ecco che molti imprenditori virtuosi decidono di farsi finanziare dallo Stato. Come fare è semplice” mi spiega Mauro Milano, partner di Yourcfo (la prima società italiana di Cfo Service), “niente più versamenti di imposte, tasse, ritenute e contributi. Il povero imprenditore che non ha mai saltato un versamento, chiede un po’ a tutti e non ascolta i consigli del grillo parlante (il bravo Cfo), dà retta al gatto e la volpe che gli raccontano di uno Stato lento ad accorgersi che hai sospeso i pagamenti”.

Nel 2016 il Cribis riporta una media di 56 aziende fallite al giorno. Se ipotizziamo una media di 5 dipendenti a azienda il numero di persone esodate è massiccio. A questo si aggiunge l’indotto diretto (fornitori delle aziende fallite) e indiretto (banalmente il bar vicino all’azienda che vendeva il caffè, il giornalaio, etc.) il danno è ancora maggiore.

“Ci sono segnali che permettono di capire quando un’azienda sta cominciando a sbandare” continua Mauro Milano “il primo è la politica di bilancio, dove lo stesso viene adattato per poter ricevere un credito bancario”. Detta in soldoni è la buona vecchia finanza creativa, ovviamente su scala minore. Si fan apparire più successi di quelli che esistono e il direttore della banca, un po’ in fiducia un po’ (forse) per ignoranza, dà altro credito alla azienda.

La crisi aziendale è uno scenario che gli italiani si trovano ad affrontare da anni, tuttavia, per quanto non esista una soluzione per tutto alcuni approcci potrebbero essere interessanti da discutere. L’imprenditore spesso si trova isolato, con un supporto che, nei migliori dei casi, gli può arrivare dal commercialista e dall’avvocato “di fiducia”. Intendiamoci due ruoli importanti ma non sono i salvatori di un’azienda.

“Credo che l’imprenditore debba iniziare a pensare che la crisi aziendale si deve prevenire e non curare quando è… Ormai incurabile” continua Mauro che aggiunge “su questo tema, il 9 Febbraio all’Università Cattolica del Sacro Cuore Your CFO Consulting Group insieme al dipartimento di Scienze dell’Economia e della Gestione Aziendale abbiamo organizzato il convegno, Prevenzione e gestione della crisi d’impresa: Il ruolo del Cfo, dei professionisti e del mercato finanziario. L’obiettivo del convegno è quello di fare incontrare imprenditori, Cfo, commercialisti e avvocati”.

Una figura che di rado viene considerata nelle medie aziende è il Cfo (dall’inglese Chief Financial Officer, che, nel contesto di riferimento, è più noto come “Direttore Amministrazione Finanza e Controllo“). Certo la logica di una pmi è che insomma, già ci son tanti costi, pure il Cfo? In fondo (pensiero medio ironizzato di un imprenditore, Nota): “Il Mario (commercialista), il Paolo (avvocato) san già tutto, e domani poi ci vediamo per andare alla caccia al cinghiale che ho il fuoristrada con le gomme nuove e così mi spiegano tutto”. Ovviamente questa è una battuta ironica.

L’imprenditore preferisce parlare con il Mario e il Paolo “che poi loro han tutti i loro giri e qualcosa mi trovano”. Una soluzione alternativa è prendersi un Cfo temporaneo. Non differente da un consulente (quindi lui fattura, non si deve assumerlo), ha una visione di insieme che gli deriva da un approccio sviluppato in grandi organizzazioni.

Il rischio magari è che il Mario e il Paolo lo possano vedere come un competitor, cioè uno che ti “frega le ore di lavoro”. Quindi questo Cfo cosa può fare? Be’ magari senza rubare lavoro al Mario e al Paolo può analizzare i bilanci, creare un piano industriale, trattare con le banche un aumento di fido per un espansione, etc…

Un Cfo può salvare un’azienda terminale decotta? Ho qualche dubbio. Ma di pmi in Italia che hanno problemi di gestione, passaggio generazionale (il papi che lascia la fabbrichetta al figlio) bilanci da ristrutturare (non in modo artificiale) ce ne sono. E fortuna vuole che di Cfo che han lasciato l’azienda multinazionale per scelte personali (stile “voglio godermi un poco di più la famiglia etc”) o lavorative ce ne sono.

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